domenica 20 febbraio 2011

Block Print/3


 I blocchi di legno sui quali i motivi decorativi vengono intagliati sono in alcuni casi di babool, un tipo di acacia molto resistente e invasiva che ha colonizzato le campagne del Gujarat, ma preferibilmente viene utilizzato il teak, che ha caratteristiche migliori. Il legno deve essere stagionato qualche anno prima di essere tagliato e inciso, e il blocco finito può essere utilizzato per circa 2000 metri di stoffa stampata prima di essere scartato -o restaurato-.


I Khatri di Ajrakhpur si riforniscono spesso di blocchi nel villaggio di Pethapur, dove vive la famiglia di Maneklal Gajjar, famoso intagliatore di blocchi da stampa, classe 1928, che intaglia ancora con maestria e gusto i blocchi considerati di qualità superiore.
Nello stile Ajrakh (ma ricordo che ci sono altri stili tradizionali di stampa block print, tipici del Rajasthan per esempio, come il Balotra o il Sanganer) si pensa esistano una quindicina di motivi decorativi di base diversi, poi combinati tra loro a creare circa 200 fantasie. Oggi però i giovani aggiungono fantasie nuove e motivi originali in combinazione con quelli tradizionali. Le stampe si imprimono su entrambi i lati della stoffa, e questo aumenta la qualità del tessuto e la sua bellezza comunque venga indossato.


I disegni rappresentano, in versione stilizzata, frutti come fichi, uva, mandorle, ma anche il jalebi e il  laddu (dolci tipici), e poi fiori (gelsomini, tageti, girasoli), monete, piume di pavone e una varietà di motivi geometrici. I disegni vengono impressi in modo simmetrico e a volte vengono mescolati con i motivi della tecnica bandhani (tecnica del tye and dye, di cui parlerò in un altro post).
I colori tradizionali sono il nero, il bianco, il rosso e il blu, ma recentemente sono stati introdotti anche il giallo e il verde, per venire incontro alle richieste del mercato.


I colori sono ottenuti da materie prime naturali: ultimamente infatti il nuovo interesse nelle tecniche antiche e nei metodi di tintura sostenibili ha spinto gli artigiani come la famiglia Khatri a recuperare i sistemi di un tempo e a valorizzarli. A volte vengono utilizzate anche tinture sintetiche (apprezzate soprattutto per la brillantezza delle tinte), ma in definitiva mi sembra che la richiesta di questa parte di mercato di tessuti stampati a mano si stia orientando decisamente più sui sistemi tradizionali.
I rossi per esempio si ottengono dalla radice della robbia (manjishta, rubia cordifolia), ma anche dall'alizarina, un colorante di sintesi creato più di cento anni fa. In entrambi i casi è necessario l'uso di un mordente (l'allume) per fissare la tenuta. Qualche volta per ottenere un bel rosso vivo si può utilizzare la cocciniglia, un insetto parassita delle piante, che però è sempre più raro e costoso.
Il blu è dato dai bagni nell'indaco, il giallo si ottiene con la buccia di melograno, ma anche con la curcuma; il nero con una mistura di ferro, jaggery (zucchero di palma) e gomma; il verde dalla sovrapposizione di indaco e giallo.
Ogni famiglia ha poi le proprie segrete alchimie, ricette che sono il risultato di anni di esperienza, pratica e gusto estetico.
Il blu indaco è forse il colore più bello tra tutti. E' ottenuto dalla macerazione delle foglie di Indigofera Tinctoria, un arbusto che cresce bene da queste parti, anche se negli anni la coltivazione è diminuita drasticamente. I tintori lo acquistano in pani, che spezzettati e macinati vengono immersi in catini -a volte veri e propri piccoli pozzi- che accolgono la stoffa da tingere.


La soluzione liquida è di un bel verde smeraldo; è solo nel momento in cui il tessuto viene steso al sole che l'ossigenazione provoca la trasformazione del colore da verde a blu.


Naturalmente non ho potuto restistere e ho fatto un po' di acquisti: ma davvero non si sa cosa scegliere, è tutto meravigliosamente bello e speciale!

sabato 12 febbraio 2011

Block Print/2



Parlare della tecnica del block print significa aprire un capitolo importante sulle tinture naturali, sugli strumenti che vengono usati per stampare il tessuto, cioè i blocchi di legno, e sulle innumerevoli fasi di passaggio di colore-bagni-risciacqui e asciugature al sole. E' un lavoro piuttosto complesso, che richiede oltretutto uno spazio idoneo, un grande cortile nel caso del laboratorio del Dr. Ismail, in cui lavorano fino a 12 persone.
Su ogni lato del cortile sono sistemati i grandi contenitori per la tintura ad immersione a caldo della stoffa, i lunghi tavoli di legno sui quali viene stesa per essere stampata, secchi e bacinelle per mescolare il colore, un forno sormontato da una cisterna utilizzata per far bollire il tessuto durante le diverse fasi di tintura.


E' un luogo strano nel suo complesso, chiazzato di amaranto e di alizarina in ogni angolo, dove grandi paioli giallo zafferano continuano a bollire e a fumare, e i ragazzi che si aggirano per prendere e portare le pile di stoffa colorata hanno le mani tinte fino al gomito di meravigliosi colori brillanti.
Perfino i cuccioli -nati da pochi giorni da una delle cagnette randagie del villaggio- sono di un sorprendente blu indaco!


Il tessuto viene preventivamente bollito per eliminare ogni traccia di cere o sostanze grasse, per fare in modo che le tinture seguenti si fissino più tenacemente alla fibra e resistano inalterate molto tempo.
Poi inizia il lungo processo di stampa, per il quale la stoffa viene preparata utilizzando dei mordenti, che aiutano le tinture a fissarsi, e dei 'resistenti', che impediscono al colore di tingere le aree che si vogliono conservare del colore di fondo. Per ciascun telo da stampare (può trattarsi di un sari o di stoffa a metratura) si utilizzano fino a 22 blocchi di legno diversi, che servono a stampare i contorni o i riempimenti dei diversi motivi decorativi. Quindi ci saranno i blocchi usati per i motivi di contorno, i motivi centrali, i motivi del pallu, cioè la parte finale del sari, quella che viene drappeggiata e portata sulla spalla.


Gli artigiani tracciano sulle pezze di stoffa ben stese i contorni del disegno da realizzare, scelgono il motivo decorativo complessivo e preparano i blocchi da utilizzare. Poi, con grande abilità stampano nel primo colore dei tre o quattro presenti sulla stoffa i motivi di contorno e i diversi riempimenti, che vengono lasciati asciugare prima di passar al colore successivo.


Tra i diversi passaggi di stampa, e a seconda del motivo decorativo complessivo, la stoffa subisce dei bagni di colore, dal più chiaro al più scuro, che copriranno alla fine l'intera superficie della stoffa. Tra un bagno di colore e l'altro le pezze di stoffa vengono accuratamente risciacquate in acqua corrente, strizzate e stese ad asciugare al sole.
Nel prossimo post altri particolari...

tutte le foto sono state scattate nel laboratorio di Ismail Khatri, Ajrakhpur, Kutch

domenica 6 febbraio 2011

Block Print/1


Questa settimana ho finalmente ricevuto il pacco di libri che mi ero fatta spedire da Ahmedabad qualche giorno prima di ripartire. Si tratta di libri sull'artigianato artistico tessile, acquistati all'Art Book Center, una piccola ma rifornitissima libreria del centro città. In particolare, mi sono concentrata sui testi che raccontano la tradizione del Block Print, uno stile di stampa della stoffa che avevo potuto vedere da vicino in Kutch.
Nel villaggio di Ajrakhpur infatti, ad una decina di kilometri da Bhuj, la capitale del distretto, vive la famiglia di Ismail Mohammad Khatri, uno degli artigiani più importanti e famosi nell'arte del Block Print.
Gli antenati di Ismail Khatri si trasferirono qui quattro secoli fa, richiamati dal Sindh per mettersi a disposizione dell'allora principe di questa parte dell'India, un re di stirpe Rajput-Jadeja. Evidentemente i regnanti dovevano amare molto l'arte tessile, perchè molte famiglie di tessitori, tintori e stampatori si stabilirono in Gujarat proprio in quel periodo, come il clan Khatri appunto, ma anche molte famiglie artigiane del Maharashtra, che diedero vita alla tradizione della seta Patola a doppio Ikat (parlerò anche di questo stile).
Pare che il principe Jadeja avesse regalato ai Khatri appezzamenti di terra in prossimità dei corsi d'acqua, necessari per lavare le stoffe tinte, e avesse anche dispensato questo gruppo dal pagamento delle tasse, per facilitare il loro commercio. Sta di fatto che da allora lo stile Ajrakh (o Block Print) tipico di queste famiglie di artigiani divenne famoso e molto richiesto, dai principi ma anche dalla gente comune di queste terre, che cominciò ad utilizzarlo per caratterizzare esteticamente la propria appartenenza alle diverse caste e comunità.


Ismail Khatri, un ospite davvero squisito, sempre pronto ad offrirci un buonissimo chai di latte di bufala, ci spiega che la sua è la nona generazione di stampatori Ajrakh (anche il fratello è impegnato in questo lavoro), mentre i due figli maschi rappresentano la decima generazione, che fortunatamente è riuscita a mantenere la tradizionale attività artigianale.
Negli ultimi tempi, dopo la crisi del settore tessile tradizionale degli anni '60, l'interesse per queste tecniche antiche di produzione di tessuti è aumentata notevolmente, tanto che Ismail Khatri ha potuto aggiungere, sulla targa all'ingresso della sua azienda, il titolo di 'Dr.', dovuto ad una laurea ad honorem conferita dall'Università di Leicester, UK, nel 2003.
Oltre a questo riconoscimento per la sua attività e il suo impegno, Dr. Ismail ha ricevuto molti altri premi, viaggia moltissimo per incontrare studiosi e ricercatori di tutto il mondo, ha ospitato nella sua casa le troupe della tv di stato indiana, del National Geographic e di molte altre emittenti internazionali. Insomma, è davvero una star, ma con la semplicità e l'accoglienza di una persona d'altri tempi.


E con il nipote sulle ginocchia, Dr. Ismail ci spiega la tecnica Ajrakh di stampa di stoffa di cotone, seta e lana, per la quale i Khatri utilizzano colori naturali (...anche colori sintetici qualche volta, per la verità) derivati da fiori, foglie, frutti, radici, cortecce e corazze di insetti.
Uno stile molto complesso in cui la stoffa viene ripetutamente sottoposta alla stampa con l'uso dei blocchi di legno intagliato, con 4 o 5 passaggi di colore, ciascuno dei quali necessita di diverse fasi di imprimitura, bagno di colore (a caldo o a freddo), risciacquo, asciugatura.
Nei prossimi post i particolari...

lunedì 31 gennaio 2011

Vibrant Gujarat


L'impressione che ho avuto, viaggiando per il Gujarat, è di un luogo in cui le cose cambiano molto velocemente. Questo per me è il terzo viaggio in questo stato dal 2009, quindi ho avuto modo di vedere e confrontare i segni del cosiddetto progresso, che molto spesso significa forte cambiamento, perlomeno negli aspetti più esteriori. E come tutte le cose, anche il progresso ha diversi volti.

Nei giorni in cui stavo ad Ahmedabad per esempio, era in corso un grande summit economico, giunto alla sua 5^ edizione. Voluto dal primo ministro dello stato del Gujarat, Narendra Modi, esponente della destra del BJP, Vibrant Gujarat si proponeva di innescare  un ulteriore e ancor più efficace processo di sviluppo, grazie alla partecipazione massiccia degli industriali indiani e stranieri negli investimenti in questo stato.
Tutti gli esponenti della aristocrazia industriale indiana presenti al summit, dai fratelli Ambani, a Ratan Tata e Kumar Mangalam Birla, si sono rivolti a Modi indicandolo come l'artefice del successo del Gujarat. Del resto la sua faccia ottimista, fotografata su manifesti giganteschi, spuntava davvero ovunque in qualunque angolo dello stato.


I quotidiani riportavano alcuni brani dei discorsi degli industriali presenti: "The world looks at India and India looks at Gujarat" affermava Chanda Kochhar, Presidentessa della ICICI Bank, il secondo più importante istituto bancario indiano; e "You cannot afford not to be here" aggiungeva Anand Mahindra, Vice Presidente della Mahindra, società multimiliardaria che produce di tutto, dai Suv Scorpio che sfrecciano per le strade indiane, alle tecnologie informatiche, ai servizi bancari.
96 i paesi presenti al summit, tutti disposti ad investire miliardi in Gujarat. Pare infatti che al termine della prima giornata di incontri e trattative si siano conclusi affari per 325 miliardi di dollari (14,90,000 crore di rupie, qualcuno sa fare i conti?); mentre al termine dei due giorni di summit le promesse di investimento ammontavano a '20 lakh crore' (di nuovo, se qualcuno riesce a fare in conti, per me ci sono troppi zeri. Comunque, 1 lakh sono 100mila rupie; 1 crore sono 10milioni di rupie).

Nel frattempo, io facevo le riprese negli slum di Ahmedabad, dove una donna, in un giorno di lavoro, poteva guadagnare la bellezza di 68 rupie (un euro circa) per aver arrotolato 1000 bidi, le sigarette indiane più economiche; oppure una delle ragazze della scuola di taglio e cucito di Sewa riusciva a racimolare 50 rupie per il confezionamento di una gonna o una camicia.

Ad ogni modo Narendra Modi è al potere dal 2001 e in molti degli industriali e finanzieri presenti al summit lo indicano come il prossimo Primo Ministro indiano. Un primo ministro del Gujarat rieletto in questo stato con largo consenso nonostante le sue presunte implicazioni negli scontri sanguinosi del 2002 (con più di mille morti, soprattutto mussulmani) per le quali dovette, in un primo momento, rassegnare le dimissioni dal governo.
Ma forse i gujarati, sempre così concreti e operosi, preferiscono concentrarsi sul futuro...

venerdì 28 gennaio 2011

Di nuovo a casa


Di nuovo a casa dopo questo viaggio di lavoro e piacere in un luogo che sto cominciando a conoscere più profondamente.
Mi sono detta molte volte infatti, durante il viaggio in Gujarat, nei momenti di silenzio e riflessione tra un impegno e l'altro, come sia lunga la strada per conoscere l'India. Lunga e piena di sorprese. A volte difficile e faticosa, sempre piena di curve, con panorami inaspettati ad ogni svolta. Più ci torno e più mi sembra che l'orizzonte della conoscenza si sposti più lontano; più approfondisco e più il fondo scende in basso, ed io giù ad inseguirlo nei suoi blu più vibranti.

Di nuovo in Gujarat, che nella mia mappa mentale si è trasformato in un luogo fatto di stoffe, di trame ricamate, di donne, e sempre del meraviglioso pensiero del Mahatma Gandhi.

Questa volta sono partita per realizzare un documentario sul lavoro delle donne di questa terra. Un lavoro di tessitura politica ed economica nel caso di Sewa - Self Employed Women Association - e un lavoro di tessitura, ricamo e produzione artigianale in senso stretto nel caso delle donne del Kutch, estrema propaggine in confine con il Pakistan.

Due i luoghi fisici in cui abbiamo fatto le riprese video: Ahmedabad, città principale dello stato, e Bhuj, capoluogo del Kutch, e i diversi villaggi delle campagne circostanti.

Credo che d'ora in avanti e per un po', vi racconterò, aiutandomi con le immagini, qualche storia che viene da quei luoghi. Storie di donne e di uomini, di pazienza, di tenacia, di bellezza.
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