domenica 29 luglio 2012

Khandro-là

Sull'onda dell'entusiasmo per la visita al Dalai Lama dello scorso fine giugno, ho deciso di partecipare ad un altro appuntamento molto speciale, questa volta ad Arco, in provincia di Trento, vicinissimo all'estremità settentrionale del lago di Garda.

Domenica scorsa infatti si svolgeva un incontro molto atteso dalla comunità buddhista nostrana: Khandro-là, una giovane monaca tibetana dalla storia singolare, era in visita.
La vita di questa donna dal sorriso luminoso e lunghissimi capelli neri è infatti del tutto particolare: pare che sia partita dal Tibet, dopo uno strano sogno premonitore, con l'intenzione di fare un pellegrinaggio nei luoghi sacri buddhisti. "Il viaggio è stato pieno di difficoltà, - si legge in un'intervista pubblicata nel 2008 -, non avevo un obiettivo preciso e seguivo semplicemente i pellegrini. Non mi ricordo quanto è durato il viaggio, ricordo che ho fatto quindici circoambulazioni intorno al Kailash e, a causa del mio comportamento strano e del mio modo di parlare poco usuale, la gente ha cominciato a dire che ero una Dakini. Così si sono formate delle code di gente che voleva vedermi e veniva perfino per avere una benedizione da me".

Essere una 'dakini' nel lamaismo, significa incarnare una forma di energia femminile essenziale al percorso verso l'illuminazione; una sorta di divinità sulla quale concentrare la meditazione, in grado di dischiudere al praticante i misteri mistico esoterici del sè. Una dakini è anche considerata un oracolo, come caso di Khandro-là.
Ad un certo punto Khandro-là decise di andare in India, con la speranza di poter incontrare il Dalai Lama, ma sulla via verso Kathmandu, a causa delle difficoltà del percorso e del cibo scarso e di cattiva qualità, si ammalò gravemente. "Temendo che soffrissi di una malattia molto contagiosa, mi hanno lasciato fuori dal centro in un campo, a dormire all’aperto. Ero talmente indebolita che non riuscivo nemmeno a cambiare posizione, così, quando avevo bisogno di muovermi, mi spingevano avanti e indietro con dei bastoni per paura di toccarmi con le mani".
Poi fortunatamente un monaco tibetano che aveva studiato medicina fu in grado di capire che si trattava di una grave intossicazione alimentare, e a guarirla.

Ghesce Dondup, Lama residente del centro Kushi Ling

Khandro-là riuscì così a raggiungere Dharamsala, in India, sede del Dalai Lama. Qui cominciò a chiedere di vedere Sua Santità, ma "alcuni sostenevano che fossi matta e che avrei dovuto lasciare il centro accoglienza per essere portata in un manicomio. Sono stata anche bandita dalle udienze pubbliche per molti mesi". Il fatto è che ogni volta che Khandro-là tentava di incontrare il Dalai Lama, cadeva spesso in un trance, svenuta, in preda a visioni.
La sua determinazione però venne finalmente premiata, perché il Dalai Lama, venuto a sapere di lei, decise di ammetterla alle sue udienze e di aiutarla nel suo percorso spirituale e di recupero fisico.
Fu fatta stabilire al monastero di Namgyal e mandata in Francia per delle cure. Nel frattempo ebbe occasione di seguire gli studi e di praticare il sentiero accompagnata da diversi maestri; oggi dà insegnamenti, ma lei stessa afferma: "Io penso di non essere una Dakini. Non so esattamente chi sono. Alcuni Lama dicono che sono Khandro Yeshe Tzogyel, altri che sono Vajrayogini, altri ancora dicono che sono Tara. Potrebbero essere le loro pure apparenze. Io non mi considero nulla di speciale".


Invece, credo sia una persona davvero speciale, semplice, materna, con una grande capacità di compassione e condivisione con chi la va ad ascoltare. Il suo messaggio è quello del Dalai Lama: una esortazione alla responsabilità universale di ciascuno di noi verso noi stessi e verso tutti gli esseri senzienti.
Un merito particolare va riconosciuto anche al centro Kushi Ling, brillante di colori e pieno di persone fantastiche, che ha accolto questa visita speciale. Anche il solo fatto di trasferirsi per un giorno in un luogo fuori dal mondo, in una natura gloriosa, con il vento, i rumori della natura e un lago di Garda luccicante sullo sfondo, non può far che bene allo spirito.


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