domenica 29 settembre 2013

I Kavad di Bassi

Bassi è un villaggio poco distante da Cittorgarh, nel Rajasthan meridionale. A Bassi ci si va (in genere) per passare una notte in uno dei numerosi Heritage Hotel disseminati per tutto il territorio nazionale indiano, che un tempo erano le dimore principesche di raja locali, poi decaduti. Per poter mantenere i loro palazzi, molti di loro decisero di trasformare una parte di queste magnifiche dimore di famiglia in hotel, così che i turisti potessero calarsi nell'atmosfera delle corti rajput di un tempo.

Se non ci si va per questo motivo, a Bassi, ci si può andare, come ho fatto io, per vedere gli ultimi intagliatori e decoratori di Kavad, una sorta di piccolo tempio portatile, in legno, che si apre su storie e miti tradizionali, illustrati a colori vivaci.
Ci sono ancora poche famiglie a Bassi che si dedicano alla produzione dei Kavad, che vengono realizzati ormai soprattutto per il mercato turistico. Ma un tempo erano i raccontastorie - i Kavadiya Bhat - a commissionare queste piccole opere ingegnose alle famiglie di falegnami di Bassi.
Servivano per portare di famiglia in famiglia le storie tradizionali, i poemi epici o la storia della vita di Krishna, in modo che le nuove generazioni potessero conoscerle. Non sempre le storie venivano raccontate nello stesso modo: ciascun storyteller aveva la possibilità di interpretare i fatti narrati, di aggiungere qualche particolare o di approfondire certe vicende che la storia ufficiale ignorava.

Si formarono così, nel corso del tempo, tante diverse interpretazioni della stessa storia o dello stesso mito, che rimase vivo, anche se in continua evoluzione, attraverso le generazioni.
Ci possono essere tanti modi per raccontare la stessa storia, ed è proprio grazie ai diversi punti di vista e alle diverse voci che la raccontano, che questa rimane viva e sostanzialmente intatta in tutte le sue preziose 'versioni'.
Oggi ci sono ancora alcuni raccontastorie che visitano le famiglie per raccontare le storie tradizionali e recitare, al termine del racconto, la genealogia della famiglia ospite. In modo che i giovani ricordino i miti, ma anche le proprie radici familiari e culturali. Recentemente ci si è inventati anche usi alternativi per i Kavad: ci sono per esempio quelli che hanno l'alfabeto hindi o inglese dipinto sugli sportellini, in modo che i bambini possano imparare le lettere divertendosi; oppure c'è qualche NGO che commissiona a Satyanarayan Suthar, un famoso produttore di Kavad di Bassi (nella foto), queste magiche scatole istoriate, per raccontare le regole igieniche di base, gli eventuali pericoli domestici, alcune norme di buona pratica ecologica e così via. Un modo per far sì che uno strumento antico riacquisti significato e sopravviva alla globalizzazione.

lunedì 16 settembre 2013

Colori

Madhya Pradesh Tourism - Colours from Storm Studios on Vimeo.

Un po' di colori per la vostra settimana... oggi è lunedì 16 settembre, le scuole riprendono (anche quella di mia figlia, che comincia un nuovo ciclo della sua vita) e io vorrei celebrare con un sorriso. Quella che vedete è il promo del Madhya Pradesh, girato come se lì fosse sempre Holi, il festival primaverile della rinascita e dei colori... invitante, no?

martedì 10 settembre 2013

Le Dimore degli Dei: un documentario sul tempio hindu


Una nota veloce per dirvi che venerdì 13 alle 21 sarò a Pegognaga (MN) dove è stato costruito un tempio hindu. Ve ne ho parlato in diverse occasioni; questa volta ci sarò per la proiezione del documentario "Le Dimore degli Dei" che mio padre ha realizzato qualche anno fa.
Si tratta di un lavoro sul significato simbolico delle architetture religiose hindu, affrontato attraverso l'esplorazione di alcuni tra i più bei templi dell'India meridionale, i templi Hoysala del Karnataka (XI - XII sec).
Nel documentario, queste meravigliose costruzioni fatte di pietra ricamata vengono accostate ad una danza, la danza delle sue sculture, che raccontano le storie di dei e demoni, e la danza contenuta nelle sue forme, che ci riporta ad una cultura capace di lasciarci a bocca aperta…
La proiezione è parte di un progetto più ampio, il Progetto Virgilio, per la valorizzazione della cultura della comunità indiana che vive e lavora in queste zone tra la Lombardia e l'Emilia Romagna. La proiezione si svolgerà all'interno del tempio, lo Shri Hari Om Mandir, in via M Luther King a Polesine di Pegognaga, Mantova.


Naturalmente siete tutti invitati ^-^

domenica 1 settembre 2013

Il fiume degli dei in un guest post


Ben ritrovati! dopo una pausa un po' lunga e un agosto un po' pesante, sono felice di essere qui...
Vi propongo, in questo inizio settembre, un cosiddetto 'guest post' un po' diverso dai miei soliti argomenti.
Alessandro Fambrini, un caro amico che insegna lingua e letteratura tedesca a Trento, ma è anche un bravissimo scrittore di fantascienza, mi segnala questo libro, a metà tra il suo e il mio mondo... 

Il fiume degli dei di Ian McDonald
trad. di Riccardo Valla e Silvia Castoldi
Urania “Jumbo” – luglio 2013

Ian McDonald è un autore scozzese-irlandese, relativamente poco noto in Italia, che ha spesso ambientato le sue opere in un immaginario “post-postcoloniale”, e in particolare nell’India futura, alla quale ha dedicato la raccolta di racconti collegati Cyberabad Days (2009; un romanzo breve appartenente a questo ciclo, Il circo dei gatti di Vishnu, era apparso un paio di anni fa nella collana “Odissea” di Delos Books). “Il fiume degli dei” (River of Gods, 2004) è un’opera vasta e ambiziosa che fin dal titolo mette al centro del suo orizzonte uno dei fiumi sacri per eccellenza, il Gange: e lungo le sue rive, per lo più nella città di Varanasi e poi tra Mirzapur e Patna, si svolge la maggior parte delle vicende del romanzo, a sua volta denso, torbido, fluviale come la realtà nella quale si muovono i suoi personaggi.

Un romanzo complesso. Complesso per lo scenario: nel 2047 l’India è divisa tra tre stati rivali, Bharat, Awadh e Bengala, che si contendono la preziosa risorsa dell’acqua trasportata dal fiume e sempre più messa a rischio dai cambiamenti climatici. Mentre il Bengala si impegna nel titanico progetto di rimorchiare un gigantesco iceberg dall’Antartide fino alle acque del Golfo, tentando di sovvertire l’andamento delle stagioni monsoniche ormai sconvolte dalla siccità che non sembra aver fine, Awadh e Bharat entrano in conflitto per il possesso una diga, costruita da quest’ultimo stato a Kunda Kadhar, e attraverso la quale sarà possibile regolare il prezioso flusso del fiume. L’India, tuttavia, e in particolare il Bharat, è anche il fronte sul quale le potenze internazionali combattono una guerra ancor più spietata, tecnologica ed economica, quella legata all’energia e all’informatica: le sue leggi più tolleranti rispetto ai paesi occidentali permettono infatti lo sviluppo di AI, intelligenze artificiali progredite fino a – e anche oltre – la soglia dell’autocoscienza. Intelligenze diverse da quella umana, diffuse nei flussi d’informazione che avvolgono il mondo, per molti versi indistinguibili dagli dei delle antiche mitologie…

Complesso per i personaggi: una decina di protagonisti principali, che si alternano nei punti di vista dei capitoli del romanzo, prima di fondersi insieme nella risolutiva parte finale, a formare un mosaico appassionato, dai vividi colori, in cui interagiscono "babu" e "firengi", anziani capi di potentati economici che si ritirano e divengono sadhu e i loro figli che rinunciano alla carriera di comici in Scozia per assumere responsabilità molto più grandi, mogli di funzionari che sfidano l’ordine della casta per seguire leggi più intime di quelle imposte dalla tradizione. E così via, in un intreccio di vite e destini. Il tutto all’ombra della Trimurti e sotto l’egida di Kalki, il decimo avatar che segnerà la fine di questa era e darà inizio a un tempo in cui forse per l’uomo vi sarà un tempo migliore.
Complesso per la trama, in cui i fili dell’intreccio si annodano e si sciolgono attraverso la danza dei personaggi, e che vede il tentativo da parte di un’intelligenza artificiale di affrancarsi dal vincolo materiale e di creare (o meglio di individuare, nella ghirlanda infinita di universi coesistenti) una dimensione di esistenza le cui leggi rispettino la sua natura virtuale. Ciò avviene attraverso fenomeni che assomigliano a segni celesti, pur senza esserlo (o essendone una razionalizzazione), e attraverso dinamiche in cui sono portati all’estremo gli interrogativi su ciò che è umano e fin dove può spingersi la coscienza per rimanere tale.

Tipicamente per la fantascienza più matura e più accorta delle ultime generazioni, alla ricerca di un taglio decisamente letterario, si aggiungono ipotesi speculative su dimensioni della fisica e della cosmologia che sfiorano l’esoterico e coinvolgono l’origine dell’universo, la natura dell’intelligenza e della coscienza, i confini tra l’uomo e il prodotto della sua tecnologia. In tutto ciò l’India, luogo dove gli dei sembrano essere una presenza continua e immanente, in cui l’arcaico e il nuovissimo si fondono in una sintesi che contiene forse più di ogni altra la quintessenza dell’umano, rappresenta ben più di uno sfondo: è una protagonista viva e pulsante che travolge e sorprende con i suoi colori, i suoi odori, la sua unicità e diversità.
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