sabato 30 giugno 2012

Om mani padme hum


Sono un puntino tra queste diecimila persone, tra questi 9.999 esseri viventi dotati di corpo, mente e parola che hanno affrontato un lungo viaggio nel caldo di un'estate appena cominciata per raccogliersi attorno ad un uomo molto speciale.

Il 14° Dalai Lama è prima di tutto un uomo, semplice, perché ha superato gli atteggiamenti di inutile superiorità, che si toglie le scarpe prima di sedersi a parlare, indossa un cappellino con visiera per ripararsi dalla luce troppo forte, si gratta la fronte, sbadiglia, a volte brontola con i monaci più giovani.
E' a detta sua un 'semplice monaco buddhista' con un Nobel per la pace e migliaia di persone - monaci, laici, credenti o meno - che lo seguono e lo ascoltano.
Il motivo - uno dei motivi - è la grande umanità  e la forza eccezionale che scaturisce dalle sue parole. E' la 'forza della verità' (direbbe Gandhi) che trascende il credo religioso buddhista per abbracciare tutta l'umanità, dove nessuno è diverso, tutti siamo uniti indissolubilmente da una catena infinita di cause ed effetti.
Una serie di fenomeni che si determinano sulle basi delle nostre scelte, anche minime, e che ci legano stretti gli uni agli altri.
"Se volete essere felici - dice l'Oceano di Saggezza - smettete di concentrarvi sulla vostra soddisfazione individuale, e invece indirizzate i vostri sforzi alla felicità degli altri. Perché nessuno di noi esiste indipendentemente dal nostro prossimo e nessuno otterrà nulla di vero e duraturo se non attraverso un'intenzione sincera di condivisione del bene".
Tutte le religioni vanno in questa direzione, non c'è bisogno di essere buddhisti, cristiani o mussulmani per decidere di mettere in pratica questo proposito. Si può anche essere atei e ottenere gli stessi risultati.

Il 21° secolo, secondo il Dalai Lama, è il secolo del progresso; non un progresso materiale, - anzi quello forse proprio no - e neppure un progresso in cui ci distingueremo per aver costruito edifici più alti o armi più potenti; si tratta piuttosto del progresso derivato dal dialogo.
Non c'è nulla che non si possa mediare, rinegoziare e risolvere parlando e ascoltando, in pratica dialogando.
I bambini dovrebbero essere educati al dialogo, perché solo quello è lo strumento di una possibile felicità comune.
"In particolare voi occidentali - dice il Dalai Lama - che avete la fortuna di non dover concentrare tutti i vostri sforzi quotidiani per la sopravvivenza - cui invece sono obbligati i poveri del mondo -, voi potete impiegare la vostra intelligenza mettendola al servizio del bene comune. E questo è possibile solo se sarete disposti a mettere in discussione ed eventualmente cambiare la vostra mentalità, aprendola alla comprensione che la vostra felicità dipende da quella degli altri".

Sono stati due giorni intensi e faticosi: ho trascorso due notti a Milano, ho preso treni e metropolitane, ho fatto file sotto il sole, ho atteso assieme a tutti gli altri di ascoltare il Dalai Lama. Ho conosciuto molte nuove persone, anche un monaco buddhista di Sri Lanka che ha condiviso con noi il suo pranzo. Ho giunto le mani per salutare Sua Santità e mi sono anche molto commossa.
Ho ricevuto persino l'iniziazione speciale del Dalai Lama cui non ero preparata, ma l'ho accolta con un misto di emozione e meraviglia.
Ho guardato dall'alto del mio posto le altre 9.999 persone che come me stavano provando più o meno le stesse cose. Ho visto monaci buddhisti meditare, sacerdoti e suore cattoliche indossare la kata di buon auspicio con un gran sorriso di gratitudine, bambini giocare tra le file di sedie, Lama anziani prostrarsi con la fronte a terra, un'infinita umanità meravigliosamente diversa e fondamentalmente uguale sperare in un presente - e in un futuro - migliore.
Anch'io insieme a loro spero e desidero il meglio per tutti NOI.


altre foto a questo link

martedì 19 giugno 2012

Ferrara 3.0

immagine gentilmente concessa da: Alejandro Ventura (Le Immagini)
Non ricordo più se lo avevo già raccontato, ma il mio lavoro quotidiano si svolge in uno studio di comunicazione di Ferrara, Le Immagini, per il quale mi occupo della parte di copy writing.

Tra le cose che faccio c'è anche la redazione dei testi per video e documentari. Proprio in questi mesi stiamo lavorando su un nuovo documentario che racconta la nostra città attraverso le storie delle persone che la abitano, che sempre più spesso sono persone con radici lontane e percorsi non comuni.

L'idea di partenza in effetti era un po' diversa e faceva riferimento più all'aspetto storico e culturale della città (con interviste alle persone-chiave del suo sviluppo recente), ma discutendone insieme ci siamo resi conto dell’impossibilità di far riferimento ad un’idea univoca di questo luogo, e soprattutto della differenza sostanziale tra la Ferrara immaginata (e descritta nei libri o nelle guide turistiche) e quella reale.

Quella reale, la città vera, è certamente anche quella dei monumenti di epoca estense, delle tradizioni, della perfezione architettonica e delle bellezze artistiche (e se volete anche dei 'ferraresi doc'), ma gli spazi e i volumi sono abitati sempre più da persone che non provengono da questi presupposti culturali.

Le persone che vivono la Ferrara del 2012 sono molto spesso immigrate: dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa dell’est. Viviamo fianco a fianco, lavoriamo, ci spostiamo, studiamo insieme, ma spesso non sappiamo molto della loro vita.

Così, ci siamo impegnati in una serie di interviste alle persone che vivono in città - ma anche in provincia, in particolare a Portomaggiore - che non sono italiane, ma sono ormai molto ferraresi.

Quello che ci interessa in questo lavoro di narrazione per immagini, è soprattutto portare a galla la storia di chi è partito da casa propria con un'idea in testa ed è sbarcato qui trovando una realtà molto diversa da quella immaginata.
La differenza tra le aspettative e la realtà, tra la proiezione di una serie di speranze e la disillusione di una situazione difficile - anche per noi italiani - è quello che stiamo cercando di raccontare.
E poi, chi vive qui da anni e ci lavora, chi è riuscito con molta fatica a portare qui la propria famiglia con l'idea di garantire un futuro ai propri figli, come si sente in questa situazione di crisi generale?
E la lingua acquisita, chiave di volta per l'integrazione, come viene vissuta?

E poi mille altre domande, che in qualche modo sono anche quelle che noi stessi ci poniamo, di fronte ad un futuro che nessuno di noi riesce a vedere con chiarezza...

venerdì 8 giugno 2012

Il filo del discorso

Queste tre settimane, da quando è venuto il terremoto, sono state molto impegnative. Abbiamo dormito poco e male, abbiamo sussultato ad ogni rumore troppo forte, ci siamo sentiti in balia di forze che non sospettavamo potessero imporsi con così tanta imprevedibile potenza.
Sono stati giorni in cui abbiamo fatto incubi, tutti insieme e tutti alla stessa ora, e adesso avremmo bisogno di riposarci davvero, di abbandonarci senza paura ad un sonno fiducioso nelle braccia di una terra benigna...

Non so cosa dire, in questi giorni, non so cosa proporvi: mi conviene tornare al punto di partenza, ovvero quello che stavo cercando di raccontarvi prima del terremoto.
Il buddhismo, il suo rappresentante più 'famoso' - il Dalai Lama -, che spero potrò incontrare tra poche settimane.



Allora vi propongo una brevissima intervista a Raimon Panikkar, filosofo e teologo catalano, partito come sacerdote cattolico ed approdato alle religioni orientali che ha detto di sè: "Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindu e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano".
Una mente splendente, che in questo frammento ci spiega la spiritualità buddhista.
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