lunedì 28 gennaio 2013

Lo Yatra


Lo scorso fine settimana sono tornata a Pegognaga (MN) per partecipare ad uno dei due giorni di festa (26 e 27 gennaio 2013) di inaugurazione del nuovo tempio hindu. Ho già scritto un po' di tempo fa della cerimonia di posa della prima pietra di quello che sarà - che ormai è - il tempio hindu più grande d'Italia.

Costruito con il sostegno del comune di Pegognaga, che ha messo a disposizione il terreno, del governo indiano e con la partecipazione economica di tutta la comunità indiana della zona (che da Pegognaga va fino a Reggiolo e Carpi, nella bassa modenese e reggiana), il tempio è finalmente aperto al culto.

Nella giornata di sabato 26 si è svolta la processione - lo Shoba Yatra - delle 12 divinità alle quali è dedicato il tempio; mentre domenica 27 il console indiano S.K. Verma assieme ai rappresentanti dell'associazione Shri Hari Om Mandir ha presenziato all'istallazione delle 12 statue del tempio. Le icone in marmo di Shiva, Krishna e delle altre 10 divinità sono state fatte arrivare da Jaipur, in nave, e trasportate con grande cura, dal porto di Genova.


Ma veniamo allo Yatra - la processione - di sabato...
Come da programma è partita dal piazzale della Coop (!) e si è snodata attraverso la via principale che porta al centro del paese, per concludersi nella piazza del Municipio, dove i partecipanti venivano accolti da un benvenuto a base di pakora, chai e dolci di buon augurio.
Naturalmente la partecipazione indiana era numerosa, ma la parte più interessante - secondo me - erano gli sguardi curiosi e meravigliati dei cittadini di Pegognaga, certo non abituati a veder sfilare un carro con Shiva in carne ed ossa (stava lì al posto della statua, già istallata nel tempio) in tutta la sua fierezza; Rama, Lakshmana e il mitico Hanuman con i costumi consoni.

Chi ha viaggiato in India sa che a volte capita di incontrare un Krishna in persona, tutto blu con il flauto dorato e la piuma di pavone in testa... dubito che a Pegognaga sia mai successo, e mi chiedo cosa avranno pensato le persone che assistevano alla processione!
Comunque, mi sembra che l'intero paese abbia partecipato con un atteggiamento positivo: il sindaco Dimitri Melli ha indossato il turbante rosso e tutti quanti abbiamo ascoltato quel che mi è sembrato un Vande Mataram (canzone nazionale) intonato dal vivo.

Jai India!

al centro, il sindaco Dimitri Melli, circondato dai rappresentanti della comunità indiana
l'arch. del tempio, Giovanni Galafassi con il presidente dell'associazione Shri Hari Om Mandir

lunedì 21 gennaio 2013

Pink city


Eccomi di ritorno dall’India! quest’anno, come sapete, sono stata in Rajasthan, uno degli stati più sviluppati dal punto di vista turistico...
Le prime immagini che vi propongo sono quelle di una Jaipur (la capitale) meravigliosamente rosata, così come vuole la tradizione di questa “pink city” molto famosa.


La città è stata progettata e costruita nel 1727, durante il regno di Sawai Jai Singh II, un re con grandi ambizioni, interessi in diversi campi della conoscenza ed eccellenti capacità di governo.
Non per niente Aurangzeb, imperatore Moghul che controllava politicamente molti dei regni rajput di queste terre, gli conferì il titolo di “Sawai”, ovvero “uno e un quarto”, perchè riteneva che fosse superiore agli altri sovrani a lui contemporanei.

Salì al trono a 11 anni, quando la capitale del regno Kachwaha era ancora Amber - sulle colline alle spalle di Jaipur - e regnò tra guerre di confine, intrighi di palazzo, matrimoni con principesse rajput, campagne di conquista e una grande attività di costruzione della nuova capitale, fino al 1743.

Avrò modo di parlare ancora di questo grande re, per ora guardate alcuni scorci di questa bella città, tutti sulle tonalità del rosa-terracotta.

A proposito, il motivo per cui il centro è tutto declinato in queste tonalità (anche oggi, quando si restaura un edificio, lo si deve dipingere con questi colori) è che i palazzi più importanti furono costruiti in arenaria rossa, in omaggio alla tradizione architettonica dei conquistatori Moghul.
Da quel momento, anche gli edifici minori, realizzati in mattoni intonacati, dovevano imitare l’arenaria, per omogeneità estetica del centro città.


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