sabato 29 dicembre 2012

Buon anno!

Sono davvero in partenza per l'India! Auguro a tutti quelli che passano di qua un buon 2013, speriamo sia sopra le nostre aspettative :-)
Ci vediamo tra qualche settimana, con qualcuna delle storie che avrò da raccontare...


venerdì 21 dicembre 2012

Ogni fine è un inizio



Eccoci arrivati al terzo natale per questo blog, un natale che festeggio nella mia nuova casa (vedi foto), con nuovi panorami ed energie rinnovate.
Una delle cose che avrei voluto tanto fare dopo “l’epico trasloco” sta per realizzarsi: la settimana prossima sono in partenza per l’India in un viaggio che vorrei dedicare ancora una volta alla stoffa e alle storie tessute nelle sue trame...
In questi ultimi anni infatti mi accorgo che sono sempre partita da una suggestione o un’idea nata dall’interesse per l’arte - l’arte in senso lato, applicata anche al mondo dell’artigianato tradizionale - per lasciarmi guidare poi attraverso le diverse implicazioni di attualità sociale.

Il khadi di cotone del Mahatma mi ha portata in Gujarat a visitare il suo ashram, alla ricerca dello spirito della lotta non violenta e della resistenza attiva (non ce la faccio a chiamarla "passiva"). Da questa esperienza e dalle lezioni di filatura del cotone grezzo sul charka (il filatoio manuale) è nato il laboratorio per ragazzi in cui si ripercorre la vita di Gandhi e si impara ad accostarsi ad un lavoro manuale ormai quasi dimenticato, che il Mahatma praticava per almeno un’ora al giorno.

Da qui il passo è stato breve verso una delle officine più attuali e più originali dell’applicazione dei principi gandhiani che ci sia oggi in India.
Al Barefoot College, la scuola dei piedi scalzi fondata nel ’72 da Bunker Roy, si fila il cotone e lo si trasforma in manufatti artigianali bellissimi, ma si producono anche energia solare, istruzione, autonomia per le donne e dignità per i più poveri. È un luogo dove le regole vengono messe in discussione e a volte sovvertite, dove il maestro impara e l’allievo insegna, dove titoli e attestati non servono.
In questo luogo speciale ho realizzato, con mio padre, un documentario, che ho portato in giro e discusso con adulti e ragazzi.

Poi sono arrivati i colori e le trame del Kutch, all’estremità occidentale dell’India, a raccontare della resilienza di un pugno di donne, povere e analfabete, che hanno dovuto affrontare una guerra e un terribile terremoto prima di poter rinascere proprio grazie alle loro abilità artigianali.
Una di queste formidabili donne del Gujarat, Ela Bhatt, fondò nel ’72 (un anno favoloso!) il sindacato autonomo di donne auto impiegate Sewa, che in questi 40 anni ha saputo trasformare più di un milione di donne indiane senza voce e senza risorse, in un gruppo forte e risoluto di persone in grado di cambiare il proprio futuro.
Dall'incontro con Sewa è nato un altro video documentario presentato quest'anno ad Internazionale Ferrara.

E questa volta, cosa farò di questo nuovo viaggio in India?
Be' questa volta ho in mente il Rajasthan, con i suoi rosa e i suoi indaco; gli artigiani di tessuti e i cantastorie del deserto. Un viaggio in cui mi fermerò a salutare vecchie conoscenze e cercherò di riannodare i fili di una storia mai conclusa, quella della mia passione per questi luoghi.
E prima di partire, auguro a tutti un buon natale e un buon fine anno!


domenica 16 dicembre 2012

Cultura materiale


MAIYET | India Hand Block Printing from M A I Y E T on Vimeo.

Chi segue questo blog sa che uno degli argomenti di cui scrivo molto volentieri riguarda il mondo ricchissimo dell'arte tessile indiana.
E' solo uno dei tanti aspetti della cultura di questa terra che mi interessano, che non solo investe il significato profondo di cultura "materiale" di un popolo, ma va a toccare molte altre sfere della conoscenza di una società.
Per esempio sappiamo ormai quanto la coltivazione del cotone - con cui si tessono e ricamano i tessuti indiani da secoli - sia un argomento che ci riguarda tutti da vicino.
Con il cotone indiano - molto spesso OGM, nato nei laboratori della Monsanto - si producono anche i nostri abiti. Quelli che acquistiamo a poco prezzo nelle catene di abbigliamento e che ci attirano con i loro magnifici colori e dettagli alla moda.
Una moda che cambia velocemente, per lanciarci nel vortice del consumo di oggetti, che è anche il consumo delle nostre - quasi esaurite - risorse.
Ecco qui: da un un pezzo di stoffa ricamata indiana siamo arrivati, nel giro di poche frasi, alla crisi del sistema di consumo occidentale…
Godiamoci almeno questo bel video!

nb: il video fa parte di una serie di spot prodotti da un marchio di moda molto chic che vende capi esclusivi in tutto il mondo. Leggo dal loro sito che sono impegnati, nei diversi luoghi di produzione, a implementare programmi di sviluppo degli artigiani che lavorano per loro.
Del resto è una cosa che fanno anche altri marchi nostrani molto più popolari, che bisognerebbe approfondire...
nb2: in effetti, avevo parlato in passato della spinosa questione del cotone in questo post

giovedì 22 novembre 2012

Madre Natura



Durga è una delle divinità femminili indiane - uno dei tanti aspetti della Dea Madre - che preferisco. Tanto che ne ho fatto un laboratorio per i bambini, dove racconto, accompagnata da qualche immagine, la sua incredibile storia.

Durga infatti appare dal nulla seduta su una tigre proprio quando gli dei, compresi i più potenti, si trovano in una situazione molto difficile: Mahisha, un demone con le sembianze di bufalo, sta distruggendo la terra, inquinando le acque, devastando la natura, nonostante i loro disperati tentativi di fermarlo.
Gli dei quindi accolgono con entusiasmo l'arrivo di Durga e le affidano persino le loro armi, sperando che questa meravigliosa dea possa aiutarli a risolvere la situazione.
Anche Mahisha si accorge dell'apparizione della divinità, ma pensa che neppure lei possa fare nulla contro i suoi invincibli poteri. Decide quindi di inviare i suoi generali con il compito di convincerla ad arrendersi e obbligarla a sottomettersi a lui. Ma Durga è una dea fiera e rifiuta, rispedendo al mittente i messaggeri, sconfitti. Mahisha allora le lancia contro le sue terribili armate, ma lei affronta i centomila guerrieri con il coraggio di una madre che difende le sue creature.
Così a Mahisha non resta che affrontarla direttamente, in campo aperto. La battaglia è cruenta: Durga non risparmia colpi, brandendo le armi che gli dei le hanno prestato. Ma ogni volta Mahisha si rialza e muta la sua forma, come un animale mostruoso che si trasforma secondo leggi sconosciute.
Alla fine la dea capisce che le armi non hanno potere sul demone. Allora le depone e lo affronta a mani nude: natura contro natura.
E solo così riesce a vincerlo e a finirlo.
Gli dei esultano e la pregano di non lasciarli mai più. Lei promette di star loro accanto, dato che Madre Natura è intrinseca ad ogni cosa: è il movimento del vento, l'umidità dell'acqua, il calore del fuoco, la solidità della terra, la profondità dello spazio.

Nel video di The Source Project, di cui ho parlato anche in un altro post, si mostrano le fasi della preparazione delle statue utilizzate durante la festività di Durga Puja, a Calcutta.
Mi affascinano le atmosfere di questi laboratori, in cui, magicamente, tutto il pantheon hindu trattiene il fiato prima della festa.
Ed è molto bella anche la tradizione di restituire alle acque del fiume le statue della divinità appena nate.
Anche chi muore viene di solito restituito al fiume, anche se ormai solo come cenere.
Dall'acqua all'acqua: come a dire che veniamo dall'acqua - e siamo fatti d'acqua - e, nella tradizione hindu, torniamo allo stesso elemento.

martedì 13 novembre 2012

Recap

Dunque ricapitoliamo: ho traslocato un mese fa esatto, per fare questo ho riempito e svuotato almeno 60 (anche di più, ma non ho osato contarli) scatoloni pieni di robe varie, almeno metà erano libri (un particolare decisivo, per le ripercussioni su gambe e schiena).
Devo avere fatto migliaia di gradini, su e giù, dato che l'appartamento nuovo è al terzo piano senza ascensore. Come un pellegrinaggio a Palitana...
Ho dovuto sostituire un certo numero di elettrodomestici che si sono rifiutati di ripartire, ho fatto almeno tre giri all'Ikea, mio papà (santo) ha adottato lo svedese come seconda lingua, oltre ad aver fatto decine di buchi con il trapano per montare le varie scaffalature che hanno accolto i 30 scatoloni di libri. Ho recuperato l'adsl - come notate - e comincio a orientarmi per la spesa e le altre necessità casalinghe.
Sono un po' 'stanchina', ma sono molto contenta di abitare dove abito.

Non ho grandi novità da dirvi, vorrei fare un lungo viaggio in India, ma non so con chi andare, e quando e come, e proprio oggi eDreams ha pubblicato una mini guida per aspiranti viaggiatori nel subcontinente che abbiamo scritto noi quattro: Sonia, Domenico, Sunil e io.
Se avete voglia, date un'occhiata: sono consigli tra il serio e il faceto su cosa fare e cosa non fare quando si viaggia da soli in India.
Ad esempio: come ci si deve comportare di fronte ad un taxi driver che ti vuol portare a tutti i costi nel tal albergo? oppure, come comportarsi se si viene invitati a casa di un conoscente? è il caso di regalare denaro ai bambini che chiedono una mancia? e soprattutto: come si evitano le fregature?
buona lettura …

mercoledì 10 ottobre 2012

Grazie!

la struttura di Sewa: un grande banyan in cui ogni ramo rappresenta una delle attività del sindacato
Internazionale Ferrara 2012 è concluso, sono stati tre giorni belli e intensi per me. Il reportage su Sewa che abbiamo proiettato venerdì 5 e sabato 6 mi ha dato molte soddisfazioni, e anche il documentario-intervista 'Dove finisce l'arcobaleno', realizzato e prodotto dal mio studio di comunicazione, è piaciuto molto.
Ho avuto la possibilità di rivedere le ragazze blogger e 'simpatizzanti': Stefania, Clara, Cristina, Livia e Katia per un pranzo e una chiacchierata pomeridiana attorno ai libri e a molti altri interessanti argomenti. Mancavano alcune ragazze del gruppetto originale, ma sono sicura che ci saranno altre occasioni per recuperare.
Ho seguito un fantastico workshop con David Randall, un giornalista dell'Indipendent, che scrive anche per Internazionale. Insomma... non mi sono fatta mancare nulla!
Questa per me è la settimana del trasloco nel nuovo appartamento; credo che non potrò postare nulla per un po'; avrò un gran lavoro di riordino e so già che non avrò internet funzionante finché non mi attiveranno il nuovo contratto.
Vi mando allora un abbraccio e un ringraziamento di cuore. 

mercoledì 26 settembre 2012

Mother India

Eccoci (quasi) arrivati ad ottobre, mese cruciale per me, dato che a metà mese dovrei finalmente traslocare in un nuovo appartamento, ma soprattutto, mese importante per alcuni impegni che attendevano da tempo. Venerdì 5 e sabato 6 ottobre presento il nuovo reportage su Sewa, Self Employed Women Association di Ahmedabad, nell'ambito del programma locale del Festival Internazionale Ferrara 2012.

Il reportage è dedicato alla storia di una delle più importanti organizzazioni autonome per la difesa dei diritti delle donne lavoratrici indiane nato 40 anni fa in un’India che ancora non immaginava di poter contribuire, da protagonista, all’impressionante sviluppo economico  asiatico di questi ultimi anni.
Nei primi anni ’70 venne fondato infatti ad Ahmedabad, capitale economica dello stato indiano del Gujarat (oggi uno dei più sviluppati), il sindacato autonomo Sewa.

Nato da una costola del sindacato di lavoratori tessili della città - il TLA - con la benedizione del Mahatma Gandhi, in 40 anni il Sindacato di donne lavoratrici ‘indipendenti’, il cui lavoro informale non era riconosciuto né tutelato, ha fatto molta strada: da associazione semi clandestina di donne coraggiose e intraprendenti si è trasformato in un sistema molto complesso e strutturato in grado di organizzare efficacemente il lavoro di più di un milione di iscritte.

Sigaraie, straccivendole, fruttivendole, raccoglitrici di ogni genere di scarto, trasportatrici di carichi, sarte e lavandaie, tutte queste donne, che rappresentano il 94% del lavoro femminile in questa città, hanno oggi a disposizione un sistema autogestito che garantisce loro i servizi sanitari, di assicurazione, bancari ed educativi.
Un movimento inarrestabile che coinvolge ogni aspetto della vita di tante donne, ora finalmente libere di affrontare la propria vita con pari opportunità.
Il documentario - che si intitola Mother India - (durata: 25’) sarà proiettato alla sala Vigor (accesso dal cortile del Cinema Boldini) venerdì 5 e sabato 6 ottobre alle ore 18,30.

L’entrata è libera, spero ne approfittiate!

mercoledì 15 agosto 2012

Ferie d'agosto

In questo giro di boa che è il 15 agosto - giornata afosa e sonnolenta negli spazi infiniti della pianura emiliana -  vi vorrei augurare una buona prosecuzione di estate.
Ultimamente ho postato più lentamente, non perché mi manchino gli argomenti, ma perché sono molto presa da questioni pratiche. Stiamo ultimando i due documentari da presentare ad Internazionale Ferrara (il 5, 6 e 7 ottobre 2012) e sto faticosamente completando i lavori di ristrutturazione della mia nuova casa.
Ma, si sa, che qualsiasi grande conquista richiede tempo e pazienza.
Allora ho pensato di proporvi questo piccolo film, che racconta le giornate di Amar, un ragazzino indiano.
Guardando lui, mi rendo conto di come tutti noi siamo terribilmente presi nella morsa della routine quotidiana, che speriamo ci conduca a dei miglioramenti sensibili o anche delle mete importanti.
Buona estate!

il film, della Piligrim Film, anche su Vimeo

domenica 29 luglio 2012

Khandro-là

Sull'onda dell'entusiasmo per la visita al Dalai Lama dello scorso fine giugno, ho deciso di partecipare ad un altro appuntamento molto speciale, questa volta ad Arco, in provincia di Trento, vicinissimo all'estremità settentrionale del lago di Garda.

Domenica scorsa infatti si svolgeva un incontro molto atteso dalla comunità buddhista nostrana: Khandro-là, una giovane monaca tibetana dalla storia singolare, era in visita.
La vita di questa donna dal sorriso luminoso e lunghissimi capelli neri è infatti del tutto particolare: pare che sia partita dal Tibet, dopo uno strano sogno premonitore, con l'intenzione di fare un pellegrinaggio nei luoghi sacri buddhisti. "Il viaggio è stato pieno di difficoltà, - si legge in un'intervista pubblicata nel 2008 -, non avevo un obiettivo preciso e seguivo semplicemente i pellegrini. Non mi ricordo quanto è durato il viaggio, ricordo che ho fatto quindici circoambulazioni intorno al Kailash e, a causa del mio comportamento strano e del mio modo di parlare poco usuale, la gente ha cominciato a dire che ero una Dakini. Così si sono formate delle code di gente che voleva vedermi e veniva perfino per avere una benedizione da me".

Essere una 'dakini' nel lamaismo, significa incarnare una forma di energia femminile essenziale al percorso verso l'illuminazione; una sorta di divinità sulla quale concentrare la meditazione, in grado di dischiudere al praticante i misteri mistico esoterici del sè. Una dakini è anche considerata un oracolo, come caso di Khandro-là.
Ad un certo punto Khandro-là decise di andare in India, con la speranza di poter incontrare il Dalai Lama, ma sulla via verso Kathmandu, a causa delle difficoltà del percorso e del cibo scarso e di cattiva qualità, si ammalò gravemente. "Temendo che soffrissi di una malattia molto contagiosa, mi hanno lasciato fuori dal centro in un campo, a dormire all’aperto. Ero talmente indebolita che non riuscivo nemmeno a cambiare posizione, così, quando avevo bisogno di muovermi, mi spingevano avanti e indietro con dei bastoni per paura di toccarmi con le mani".
Poi fortunatamente un monaco tibetano che aveva studiato medicina fu in grado di capire che si trattava di una grave intossicazione alimentare, e a guarirla.

Ghesce Dondup, Lama residente del centro Kushi Ling

Khandro-là riuscì così a raggiungere Dharamsala, in India, sede del Dalai Lama. Qui cominciò a chiedere di vedere Sua Santità, ma "alcuni sostenevano che fossi matta e che avrei dovuto lasciare il centro accoglienza per essere portata in un manicomio. Sono stata anche bandita dalle udienze pubbliche per molti mesi". Il fatto è che ogni volta che Khandro-là tentava di incontrare il Dalai Lama, cadeva spesso in un trance, svenuta, in preda a visioni.
La sua determinazione però venne finalmente premiata, perché il Dalai Lama, venuto a sapere di lei, decise di ammetterla alle sue udienze e di aiutarla nel suo percorso spirituale e di recupero fisico.
Fu fatta stabilire al monastero di Namgyal e mandata in Francia per delle cure. Nel frattempo ebbe occasione di seguire gli studi e di praticare il sentiero accompagnata da diversi maestri; oggi dà insegnamenti, ma lei stessa afferma: "Io penso di non essere una Dakini. Non so esattamente chi sono. Alcuni Lama dicono che sono Khandro Yeshe Tzogyel, altri che sono Vajrayogini, altri ancora dicono che sono Tara. Potrebbero essere le loro pure apparenze. Io non mi considero nulla di speciale".


Invece, credo sia una persona davvero speciale, semplice, materna, con una grande capacità di compassione e condivisione con chi la va ad ascoltare. Il suo messaggio è quello del Dalai Lama: una esortazione alla responsabilità universale di ciascuno di noi verso noi stessi e verso tutti gli esseri senzienti.
Un merito particolare va riconosciuto anche al centro Kushi Ling, brillante di colori e pieno di persone fantastiche, che ha accolto questa visita speciale. Anche il solo fatto di trasferirsi per un giorno in un luogo fuori dal mondo, in una natura gloriosa, con il vento, i rumori della natura e un lago di Garda luccicante sullo sfondo, non può far che bene allo spirito.


sabato 30 giugno 2012

Om mani padme hum


Sono un puntino tra queste diecimila persone, tra questi 9.999 esseri viventi dotati di corpo, mente e parola che hanno affrontato un lungo viaggio nel caldo di un'estate appena cominciata per raccogliersi attorno ad un uomo molto speciale.

Il 14° Dalai Lama è prima di tutto un uomo, semplice, perché ha superato gli atteggiamenti di inutile superiorità, che si toglie le scarpe prima di sedersi a parlare, indossa un cappellino con visiera per ripararsi dalla luce troppo forte, si gratta la fronte, sbadiglia, a volte brontola con i monaci più giovani.
E' a detta sua un 'semplice monaco buddhista' con un Nobel per la pace e migliaia di persone - monaci, laici, credenti o meno - che lo seguono e lo ascoltano.
Il motivo - uno dei motivi - è la grande umanità  e la forza eccezionale che scaturisce dalle sue parole. E' la 'forza della verità' (direbbe Gandhi) che trascende il credo religioso buddhista per abbracciare tutta l'umanità, dove nessuno è diverso, tutti siamo uniti indissolubilmente da una catena infinita di cause ed effetti.
Una serie di fenomeni che si determinano sulle basi delle nostre scelte, anche minime, e che ci legano stretti gli uni agli altri.
"Se volete essere felici - dice l'Oceano di Saggezza - smettete di concentrarvi sulla vostra soddisfazione individuale, e invece indirizzate i vostri sforzi alla felicità degli altri. Perché nessuno di noi esiste indipendentemente dal nostro prossimo e nessuno otterrà nulla di vero e duraturo se non attraverso un'intenzione sincera di condivisione del bene".
Tutte le religioni vanno in questa direzione, non c'è bisogno di essere buddhisti, cristiani o mussulmani per decidere di mettere in pratica questo proposito. Si può anche essere atei e ottenere gli stessi risultati.

Il 21° secolo, secondo il Dalai Lama, è il secolo del progresso; non un progresso materiale, - anzi quello forse proprio no - e neppure un progresso in cui ci distingueremo per aver costruito edifici più alti o armi più potenti; si tratta piuttosto del progresso derivato dal dialogo.
Non c'è nulla che non si possa mediare, rinegoziare e risolvere parlando e ascoltando, in pratica dialogando.
I bambini dovrebbero essere educati al dialogo, perché solo quello è lo strumento di una possibile felicità comune.
"In particolare voi occidentali - dice il Dalai Lama - che avete la fortuna di non dover concentrare tutti i vostri sforzi quotidiani per la sopravvivenza - cui invece sono obbligati i poveri del mondo -, voi potete impiegare la vostra intelligenza mettendola al servizio del bene comune. E questo è possibile solo se sarete disposti a mettere in discussione ed eventualmente cambiare la vostra mentalità, aprendola alla comprensione che la vostra felicità dipende da quella degli altri".

Sono stati due giorni intensi e faticosi: ho trascorso due notti a Milano, ho preso treni e metropolitane, ho fatto file sotto il sole, ho atteso assieme a tutti gli altri di ascoltare il Dalai Lama. Ho conosciuto molte nuove persone, anche un monaco buddhista di Sri Lanka che ha condiviso con noi il suo pranzo. Ho giunto le mani per salutare Sua Santità e mi sono anche molto commossa.
Ho ricevuto persino l'iniziazione speciale del Dalai Lama cui non ero preparata, ma l'ho accolta con un misto di emozione e meraviglia.
Ho guardato dall'alto del mio posto le altre 9.999 persone che come me stavano provando più o meno le stesse cose. Ho visto monaci buddhisti meditare, sacerdoti e suore cattoliche indossare la kata di buon auspicio con un gran sorriso di gratitudine, bambini giocare tra le file di sedie, Lama anziani prostrarsi con la fronte a terra, un'infinita umanità meravigliosamente diversa e fondamentalmente uguale sperare in un presente - e in un futuro - migliore.
Anch'io insieme a loro spero e desidero il meglio per tutti NOI.


altre foto a questo link

martedì 19 giugno 2012

Ferrara 3.0

immagine gentilmente concessa da: Alejandro Ventura (Le Immagini)
Non ricordo più se lo avevo già raccontato, ma il mio lavoro quotidiano si svolge in uno studio di comunicazione di Ferrara, Le Immagini, per il quale mi occupo della parte di copy writing.

Tra le cose che faccio c'è anche la redazione dei testi per video e documentari. Proprio in questi mesi stiamo lavorando su un nuovo documentario che racconta la nostra città attraverso le storie delle persone che la abitano, che sempre più spesso sono persone con radici lontane e percorsi non comuni.

L'idea di partenza in effetti era un po' diversa e faceva riferimento più all'aspetto storico e culturale della città (con interviste alle persone-chiave del suo sviluppo recente), ma discutendone insieme ci siamo resi conto dell’impossibilità di far riferimento ad un’idea univoca di questo luogo, e soprattutto della differenza sostanziale tra la Ferrara immaginata (e descritta nei libri o nelle guide turistiche) e quella reale.

Quella reale, la città vera, è certamente anche quella dei monumenti di epoca estense, delle tradizioni, della perfezione architettonica e delle bellezze artistiche (e se volete anche dei 'ferraresi doc'), ma gli spazi e i volumi sono abitati sempre più da persone che non provengono da questi presupposti culturali.

Le persone che vivono la Ferrara del 2012 sono molto spesso immigrate: dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa dell’est. Viviamo fianco a fianco, lavoriamo, ci spostiamo, studiamo insieme, ma spesso non sappiamo molto della loro vita.

Così, ci siamo impegnati in una serie di interviste alle persone che vivono in città - ma anche in provincia, in particolare a Portomaggiore - che non sono italiane, ma sono ormai molto ferraresi.

Quello che ci interessa in questo lavoro di narrazione per immagini, è soprattutto portare a galla la storia di chi è partito da casa propria con un'idea in testa ed è sbarcato qui trovando una realtà molto diversa da quella immaginata.
La differenza tra le aspettative e la realtà, tra la proiezione di una serie di speranze e la disillusione di una situazione difficile - anche per noi italiani - è quello che stiamo cercando di raccontare.
E poi, chi vive qui da anni e ci lavora, chi è riuscito con molta fatica a portare qui la propria famiglia con l'idea di garantire un futuro ai propri figli, come si sente in questa situazione di crisi generale?
E la lingua acquisita, chiave di volta per l'integrazione, come viene vissuta?

E poi mille altre domande, che in qualche modo sono anche quelle che noi stessi ci poniamo, di fronte ad un futuro che nessuno di noi riesce a vedere con chiarezza...

venerdì 8 giugno 2012

Il filo del discorso

Queste tre settimane, da quando è venuto il terremoto, sono state molto impegnative. Abbiamo dormito poco e male, abbiamo sussultato ad ogni rumore troppo forte, ci siamo sentiti in balia di forze che non sospettavamo potessero imporsi con così tanta imprevedibile potenza.
Sono stati giorni in cui abbiamo fatto incubi, tutti insieme e tutti alla stessa ora, e adesso avremmo bisogno di riposarci davvero, di abbandonarci senza paura ad un sonno fiducioso nelle braccia di una terra benigna...

Non so cosa dire, in questi giorni, non so cosa proporvi: mi conviene tornare al punto di partenza, ovvero quello che stavo cercando di raccontarvi prima del terremoto.
Il buddhismo, il suo rappresentante più 'famoso' - il Dalai Lama -, che spero potrò incontrare tra poche settimane.



Allora vi propongo una brevissima intervista a Raimon Panikkar, filosofo e teologo catalano, partito come sacerdote cattolico ed approdato alle religioni orientali che ha detto di sè: "Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindu e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano".
Una mente splendente, che in questo frammento ci spiega la spiritualità buddhista.

lunedì 21 maggio 2012

Terremoto

Questo ultimo fine settimana non credo lo dimenticherò mai più. Nella notte tra sabato 19 e domenica infatti, alle 4,04 per la precisione, casa mia come molte altre a Bondeno (Ferrara) ha tremato furiosamente per 20 secondi. Mi sono svegliata con il cuore in gola scossa dai movimenti e dal rumore sordo di tuono del terremoto; l'elettricità non c'era più e sbattendo un po' ovunque nel buio e nel frastuono mi sono precipitata a prendere mia figlia che mi chiamava forte, incapace di alzarsi dal letto.
Siamo scese e volate in giardino, scalze, per rifugiarci in macchina. E lì abbiamo trascorso anche la notte tra domenica e lunedì 21, parcheggiate in un piazzale assieme a molti altri bondenesi.

Un'esperienza surreale,  per la paura costante di sentire quel suono sordo che annuncia le scosse e il conseguente tuffo al cuore che ti fa scappare via, fuori, lontano da casa tua, che si trasforma in un luogo pericoloso. Un'esperienza faticosa anche, per la tensione accumulata ora dopo ora e l'incapacità di dormire o di abbassare la guardia, il suono costante delle sirene, il tempo dilatato.



Mi sono venute in mente le foto che ho scattato lo scorso anno a Bhuj, capitale del Kutch, Gujarat.
Lì nel gennaio 2001 ci fu un terremoto devastante, con migliaia di vittime, edifici distrutti, economia in ginocchio. Se ne ha un'idea visitando uno dei monumenti cittadini, il Prag Mahal, palazzo de Maharaja locale, costruzione in bilico tra stile moghul, eleganza vittoriana e grandeur parigina, ma realizzato in 'stile gotico italiano' (i lavori furono ultimati nel 1879). Sia all'esterno che all'interno il palazzo è rimasto praticamente come all'indomani della prima mattina del 26 gennaio 2001, quando una scossa di magnitudo 7,6 fece crollare muri, tetti, colonne e decorazioni in terracotta. Certo, non è nulla in confronto alle 20.000 vittime e ai migliaia di sfollati, che impiegarono anni prima di riprendere una vita normale.
E' un luogo spettrale, che però conserva un fascino tutto speciale.


domenica 13 maggio 2012

Il cuoco del monastero

Durante la prima settimana di ottobre del 2011, sua santità il Dalai Lama ha condotto una serie di seminari aperti al pubblico a Dharamsala, in India. Per quattro giorni, le cucine del monastero di Nyamgal hanno preparato la colazione e il pranzo per le oltre 5000 persone radunate nelle sale della struttura.
A cucinare per così tanta gente, un cuoco tibetano, un rifugiato come tanti, che anni prima decise di fuggire dal Tibet assieme a tutta la sua famiglia - sei figli e l'anziana madre - per dare loro la possibilità di vedere il Dalai Lama (che, come sapete, nel 1959 fu costretto a fuggire dal Tibet a causa dell'occupazione politica e militare cinese) e dare ai ragazzi la speranza di un futuro migliore.


Questo bel film, che a quanto leggo fa parte di un corposo progetto di documentazione della vita dei rifugiati tibetani, racconta in 10 minuti - 10 preziosi minuti del nostro tempo - la storia della vita di Tenpa Choedon, a Dharamsala da sette anni, impiegato come cuoco nelle cucine del monastero.

Tenpa Choedon decise di partire ed affrontare il viaggio rischioso verso l'India perché era convinto che fosse l'unica possibilità per tutti loro di vivere in modo più dignitoso; purtroppo due dei suoi figli vennero arrestati al confine, ma ormai non era più possibile fare nulla, e l'intera famiglia dovette proseguire, nonostante la disperazione di aver perso i ragazzi.
Ed ora eccolo qui, a lavorare duramente tra i vapori delle cucine, mentre i suoi figli frequentano la scuola: la figlia maggiore è particolarmente brava e Tenpa Choedon è molto fiero di lei.

Questa è la sua storia in pochissime parole, ma il film ci mostra molto più di questo. Di fondo, credo sia la storia di tutte le persone che decidono di giocarsi tutto e provare a raggiungere un posto migliore per se stessi e per i propri figli. Per affrontare il Viaggio, qualsiasi migrante credo debba essere animato dalla visione di un futuro di lavoro, dignità, libertà.
Poi c'è la realtà da affrontare, che evidentemente è sempre dura, piena di trappole.
Tenpa Choedon sembra aver accettato la realtà in modo sereno. Certo, non lo possiamo sapere veramente, ma mi piace molto il suo sguardo diretto e luminoso, mentre racconta.
Sembra che per lui e la sua famiglia, vedere il Dalai Lama, fosse davvero una motivazione forte, un Grande Sogno, che li ha sostenuti, ha permesso loro di affrontare i rischi e li ha ricompensati una volta raggiunto lo scopo.
E mi viene da sorridere, pensando quanto è facile per me incontrarlo, a pochi chilometri da casa, basta prenotare un posto, prendere un treno, fare una fila.
E questo, se ci penso, è davvero assurdo…
E poi mi chiedo quanta forza ci voglia per accettare di non rivedere più i due figli rimasti in Tibet, di non abbracciarli più, o forse sì, ma chissà quando.

Ecco, credo che questo film sia un omaggio bellissimo alla forza positiva di questa gente che merita con tutto il cuore di essere ascoltata.

domenica 6 maggio 2012

Il tetto del mondo

Sarà che si sta avvicinando giugno, e giugno è il mese in cui andrò a Milano a vedere il Dalai Lama; sarà che sto leggendo un libro molto divertente, su un viaggio in Tibet (Filmistan effetto Tibet, di Nico Bosa), ma in questi giorni penso alle montagne e al buddhismo, fonte inesauribile di verità sorprendentemente semplici e profonde.



Ma andiamo con ordine: in giugno il Dalai Lama sarà a Milano. Il 27 e 28 infatti si prevedono due giorni di conferenza con l'Oceano di Saggezza, che poi ho saputo sarà anche a Udine questo mese di maggio. Una mia amica mi ha invitato ad andare con lei a Milano e io non mi sono fatta pregare! Immagino sarà un bagno di folla, ma è un'occasione che non vorrei perdermi per ascoltare dalla sua voce le parole che ho letto o ascoltato già tante volte e che sanno arrivare al cuore.
Faccio senza dire che per me la questione tibetana è un problema che coinvolge la coscienza di tutti noi, uno per uno, perché sappiamo fin troppo bene, anche senza conoscere i particolari, cosa significano la repressione e la negazione dei diritti fondamentali dell'uomo quando sono perpetrati da uno stato - la Cina - nei confronti dell'intera popolazione tibetana. Ce lo ricordiamo dai racconti dei nonni e della guerra; lo abbiamo visto in tanti film o ascoltato da tante testimonianze dirette.
Perché non facciamo nulla?
Io intanto vado ad incontrare il Dalai Lama, e quando trovo qualche insegnante particolarmente aperto (sapete che faccio laboratori di intercultura a scuola), parlo del Tibet e del buddhismo ai ragazzi. E' il mio piccolo modo di contribuire.

Per quanto riguarda il libro di Nico Bosa (ed. Vallecchi), si tratta del racconto di viaggio attraverso le montagne himalayane, fino a Lhasa, di due amici, lo stesso scrittore e Massimiliano Prevedello, regista e videomaker. L'idea di partenza era quella di seguire le tracce del gesuita pistoiese Ippolito Desideri (1684-1733) per girare un documentario che raccontasse i suoi sei anni in Tibet. Sbarcato a Goa il monaco risalì tutta l'India fino al Kashmir, raggiunse Lahore, Shrinagar, Leh poi finalmente Shingatse, Sakya, Lhasa, Samye e Trong Gne. Nonstante il Tibet fosse già stato assegnato alla competenza dei padri cappuccini, Desideri rimase per anni presso i Gompa locali, studiando il tibetano e i testi buddhisti, raccontando le sue esperienze di vita durissima in cinque libri andati perduti per più di un secolo. Il libro di Bosa è un racconto molto piacevole del viaggio rocambolesco sulle orme di Desideri condito con aneddoti e riflessioni su incontri con turisti o personaggi locali, strade impossibili, imprevisti dovuti alle guerre di confine, suggestioni e atmosfere, ricordi che Bosa, come chiunque abbia affrontato un viaggio un po' avventuroso in terre sconosciute, sperimenta e poi non dimentica più.

Ho inserito qui un video di ispirazione tibetana, ma ne arriveranno altri. Questo racconta la storia di quei bambini tibetani che i genitori fanno uscire dal Tibet per cercare l'opportunità di una vita migliore e più libera in India. Il video è di Sunny Zorawar

venerdì 20 aprile 2012

Mentre il mondo dorme


While The World Sleeps from Rishi Kaneria on Vimeo.

In questi giorni sto preparando uno dei miei laboratori su Gandhi da proporre alle scuole. Prossimamente sarò infatti con i ragazzi delle scuole medie di un paese vicino a Ferrara per raccontare loro la storia del Mahatma, di come anche lui, come tutti noi, sia stato -almeno da piccolo - una persona comune.
Mohania (così veniva chiamato in famiglia) era infatti un bambino pieno di paure e di dubbi, era timido, tanto da faticare a fare amicizia con gli altri bambini e per giunta a scuola non era proprio una cima.
Gli piaceva stare con la sorella maggiore o con la sua ayah (la bambinaia), amava ascoltare le storie che raccontava la mamma e salire sul tetto della casa natale di Porbandar, in Gujarat, a far volare gli aquiloni.
Gli era capitato anche di combinara qualche guaio: una volta aveva tentato di rubare una statuetta, assieme ai suoi compagni di giochi, ma erano stati scoperti immediatamente e Mohania aveva ammesso le sue colpe. Un'altra volta aveva provato a mangiare un pezzo di carne, per sapere se fosse proprio vero che questo cibo 'inglese' poteva far crescere le persone di statura fino a 3 metri.
Naturalmente si era sentito malissimo e questo esperimento gli era bastato poi per tutta la vita.
A volte litigava con sua moglie, Kasturbai, o la prendeva in giro perché lei non sapeva leggere né scrivere; Kasturbai non gli risparmiava però di rinfacciargli che lui era un fifone, perché aveva paura del buio e dei fantasmi sotto il letto...

I ragazzi sono molto curiosi di questi particolari che raccontano tutta l'umanità di un personaggio così speciale. E poi è più facile dire loro: "se il Mahatma è potuto diventare questa Grande Anima, in grado di ispirare e guidare milioni di persone verso l'indipendenza, partendo da una condizione di assoluta normalità, perché non lo potete fare anche voi?";-)

Vi lascio un bellissimo video (che credo userò per mostrare ai ragazzi qualche immagine dell'India moderna) girato da Rishi Kaneria. La voce che sentite in sottofondo è di Nehru; si tratta del discorso pronunciato la sera del 14 agosto 1947, poco prima del giorno dell'Indipendenza dell'India. Al termine invece, un altro discorso - molto più triste - pronunciato per dire addio al Mahatma, assassinato il 30 gennaio 1948.

lunedì 9 aprile 2012

Simplicity, work, enjoyment

Vagando per il web (ormai lo considero un mio 'difetto') ho trovato questo video molto delicato e luminoso che ritrae una donna straordinaria in un frammento di vita quotidiana. Si tratta di Maia Helles, una danzatrice russa trapiantata a New York.


My friend Maia from julia warr on Vimeo.

La signora Helles e la regista del video, Julia Warr, pittrice e fotografa, si sono incontrate per caso su un volo aereo e si sono piaciute all'istante, tanto che poi Julia chiede a Maia di poter raccontare con la telecamera alcuni aspetti della sua lunga vita. La signora Helles infatti ha 95 anni, ma dal film si capisce che siamo di fronte ad una donna 'giovane', vitale, sorridente.
La seguiamo nella sua routine giornaliera, che sembra una sorta di yoga danzato pieno di grazia e sediamo con lei davanti ad un caffé, nella sua casa in mezzo agli alberi.
Il film ispira un sentimento di pace e di gioia. La stessa gioia semplice che la protagonista deve aver vissuto nella sua lunga vita, fatta anche di disciplina e lavoro.
Vi propongo questo video e questo tema perché mi sembrava adatto dopo la carrellata di germogli in fiore - i visi dei bambini - della settimana scorsa.
... come si può rimanere bambini anche a 95 anni!

domenica 1 aprile 2012

Germogli

Dato che è quasi Pasqua e la primavera è tutto un ribollire brillante di colori,  come se la natura non potesse far altro che dare generosamente senza aspettarsi nulla in cambio, mi vengono in mente  - e quindi metto qui -  una breve carrellata di visi di bambini incontrati negli ultimi viaggi indiani.

Per la verità, quando si viaggia in questo sorprendente paese, capita di fotografarne a decine: si mettono in posa come se fossero divi di Bollywood, oppure si nascondono vergognosi spiando da dietro le porte, ma con una curiosità irrefrenabile che poi li spinge a uscire. Ti guardano dritto negli occhi, e quando li fotografi, tutto il mondo si specchia sulla superficie profonda del loro sguardo.

sabato 24 marzo 2012

Namaste India

Vi ricordate il trailer del documentario The Cancer Train, prodotto da the Burning Flag di cui vi ho parlato qualche post fa?
Ecco, mentre la troupe faceva le riprese per quel documentario, una folla meravigliosa di persone incontrate per strada, nei vicoli, nei negozi e nei mercati, veniva ritratta con le telecamere. Questa collezione di visi, di sguardi curiosi, è stata raccolta in questo video, a raccontare l'esperienza umana che si fa quando si viaggia in India.


Namaste India from Burning Flag on Vimeo.

Devo dire che visitare un paese come questo - ma suppongo anche altri - con la telecamera e tutto l'occorrente per le riprese (fari, cavalletti, microfoni, ecc), oltre che essere una gran fatica per il peso che ci si porta continuamente dietro e la cura che bisogna prestare perché nulla vada rotto o messo fuori uso, è anche una bella esperienza di incontro con le persone.

Nei miei due viaggi precedenti nei quali abbiamo fatto le riprese per il documentario sul Barefoot College e sulle Storie di Stoffa del Kutch, ci siamo sempre portati dietro un peso che andava molto oltre la franchigia consentita dalle linee aeree. Ma, a parte il fatto che questo è l'unico modo per realizzare un documentario senza impegnarsi in spedizioni di materiali costose e qualche volta 'pericolose', bisogna dire che avere con sé l'occhio di una telecamera professionale, ti dà la possibilità di conoscere il luogo e le persone in una chiave diversa.
Normalmente, quando si 'sbarca' in albergo carichi di tutta questa attrezzatura, si viene subito notati e di solito anche aiutati con grande disponibilità da parte di tutto lo staff. Per spostarci da un posto all'altro noi utilizziamo di solito una macchina a noleggio con un autista perché non potremmo trasportare tutto sui  mezzi pubblici. Questo fa sì che l'autista e tutti gli impiegati dell'albergo si sentano coinvolti in una sorta di 'mission impossible' per farci arrivare a destinazione sani e salvi e soprattutto con il materiale funzionante e meno impolverato possibile (la polvere, che nemica!).
Le persone che capitano accidentalmente sul 'set' in genere sono molto contente di esserci e ricordo che mi è capitato di reclutare un perfetto sconosciuto per reggere un cartello con scritte alcune frasi che dovevo dire in video, disposto a starsene mezz'ora sotto il sole ad aspettare che avessimo finito di girare quella scena. Un'altra volta, ad Ahmedabad, eravamo a girare alcune scene presso la sede della Radio di Sewa e mi è toccato di fare un intervento alla radio, giusto per ricambiare l'ospitalità delle speaker del programma che stava andando in onda. Ne potrei raccontare tante altre, ma sono tutte storie di piccoli preziosi - e anche indimenticabili - incontri casuali con persone di cui rimane il sorriso curioso e meravigliato, ma sempre sincero, così come si vede nelle belle immagini del video che vi propongo.

martedì 13 marzo 2012

Pensieri creativi


La mia amica Blandina, che ho incontrato di persona lo scorso dicembre a Firenze - ero in pellegrinaggio al River to River festival - mi ha comunicato in questi giorni la nomina di Italian Masala al premio 'Blog affidabile 100%'.
Be' sono molto contenta di ricevere questo riconoscimento (grazie!), e sopratutto sono felice di farvi conoscere il suo blog La Griccia, dove lei parla di tutto quello che la appassiona, a cominciare dalle esperienze nel mondo dell'arte tessile. In effetti, ci siamo conosciute proprio grazie alla passione per la stoffa, i ricami, l'India (che anche lei ha visitato in passato) e la grande ispirazione che tutto questo può infondere alla vita di tutti i giorni.


Una cosa che non ho mai detto prima è che anche a me piace moltissimo lavorare con le mani e creare piccoli oggetti da utilizzare quotidianamente. Anche se non ho l'abilità di Blandina, apprezzo davvero tanto la soddisfazione che mi dà costruire una cosa dal nulla; trasformare materiali e combinare colori. Toccare le stoffe, appendere o disporre le cose che trovo nei miei viaggi o in qualche banchetto di cianfrusaglie. I fili colorati e setosi, le perle di vetro, la stoffa ruvida o il velluto più morbido; i punti di vecchi rammendi e gli specchietti di mica cuciti nella stoffa, mi sembra che contengano in sè un valore che va così tanto al di là degli oggetti stessi.
Guardare una cosa bella - un arazzo indiano intessuto di rosso e oro o gli orli ricamati a mano nei vecchi copriletti di canapa - mi dà gioia. Creare qualcosa con le mie mani, punto dopo punto, mi dà una sorta di serenità ipnotica. Ammirare la trama delle stoffe tessute a mano o i pattern di un tessuto di altri tempi, mi suscita un senso di entusiasmo creativo.


Allora, per festeggiare questa confessione di blog, aggiungo qui di fianco anche un piccolo blogroll di siti/blog artistici più o meno pertinenti l'area di interesse indiana, che sfoglio abitualmente per riempirmi gli occhi di cose belle e la testa di progetti creativi.

lunedì 5 marzo 2012

Verde Veleno

Cancer Train Proposal Short from Burning Flag on Vimeo.


Durante le mie ricerche on line sono incappata in questa breve presentazione di un documentario, Cancer Train, prodotto da una agenzia di comunicazione londinese, Burning Flags, che fa video, fotografia, web design.
Il documentario intero -che sarebbe interessante poter vedere- racconta la storia delle grandi difficoltà in cui vivono i contadini indiani (questo è DAVVERO un problema spinosissimo nell'India contemporanea), che lottano contro i terribili 'effetti collaterali' dello sviluppo agricolo.

Ciascuno di loro infatti, dopo aver acquistato a caro prezzo le sementi miracolose e i prodotti chimici antiparassitari dalle grandi multinazionali agroalimentari, usa gli uni e gli altri senza purtroppo prendere nessun tipo di precauzione. E così le sostanze tossiche presenti in particolare nei pesticidi, utilizzati a mani nude e senza maschere di protezione, finiscono per avvelenare ambiente e persone.
Molti di loro si ammalano di cancro.
Il video racconta in particolare di quei contadini che vivono in Punjab - il 'granaio dell'India' - che non hanno nessuna alternativa di cura se non quella di prendere un treno notturno, 9 ore di viaggio, per raggiungere Bikaner, in Rajasthan, dove possono ottenere le cure di cui hanno bisogno in  modo gratuito.
Un'altra storia terribile che riguarda il destino di milioni di persone, i loro diritti ignorati, l'inquinamento dell'ambiente, lo sfruttamento della buona fede e delle speranze di tanti poveri.

lunedì 20 febbraio 2012

Deserti e montagne a est e ovest del mondo

In questi ultimi giorni sono stata piuttosto assente da questo blog; incespicando tra una nevicata e qualche mezza giornata di sole tiepido ho avuto modo di ammalarmi, ristabilirmi, cominciare i lavori di ristrutturazione del mio nuovo appartamento qui a Ferrara e rivedere una conoscenza indiana, Judy Frater fondatrice di Kala Raksha, venuta in Italia per allestire una mostra a Trento con i lavori realizzati dalle donne della sua associazione.

Avevo già parlato del progetto di scambio tra l'Istituto superiore delle Arti di Trento e Kala Raksha; ora i loro lavori di recupero della memoria attraverso il linguaggio artistico delle genti del Kutch hanno preso finalmente forma in una mostra che visiterò sabato prossimo.
Sabato 25 febbraio infatti sarò di nuovo a Trento (ore 17,30), al Sass, museo archeologico sotterraneo del centro città (dove appunto si può visitare la mostra 'Deserti e montagne ad est e ovest del mondo') per una conferenza sulla storia delle donne di questa parte dell'India, che con passione e determinazione, sono riuscite a trasformarsi in vere e proprie artiste del linguaggio tessile.


Parlerò del lavoro fatto da Kala Raksha e da Judy Frater per recuperare le tradizioni culturali di questa parte di India, cercando di trovare una strada per proporre i loro manufatti sul mercato contemporaneo. Racconterò poi le bellezze del Kutch e proverò a descrivere anche il contesto sociale fertilissimo che ha dato vita a molte organizzazioni che, come Kala Raksha, fanno un lavoro straordinario di difesa dei diritti delle donne, di recupero e valorizzazione del loro ruolo nella società, di costruzione di una autonomia sempre più solida.
Se qualcuno di voi là fuori nella rete fosse di passaggio a Trento, vi saluterei molto volentieri!

giovedì 9 febbraio 2012

Aquiloni

Se guardo in alto, in questi giorni invernali, quello che vedo molto spesso è il grigio metallico delle nuvole cariche di neve. Fa freddo, anche quando splende un po' di sole, e tutto quello che mi circonda cerca di resistere alla morsa bianca dell'inverno, consapevole della propria fragilità estrema.

In questi stessi giorni di cristallo, a migliaia di chilometri da qui, gruppi di bambini in maglietta e ciabatte di gomma, salgono sui tetti tiepidi di Ahmedabad, in Gujarat, per far volare i loro aquiloni.
Quando il cielo è pervinca e i compiti della giornata sono finiti, si può prendere un aquilone di velina colorata, con il suo lungo filo tagliente e raggiungere gli adulti che si stanno già sfidando a chi fa volare più in alto e più a lungo il suo aquilone.
Tutti con i nasi in sù, nel tepore della sera, a punteggiare il cielo di scaglie colorate.


Ho trovato on line questo trailer di un film -che non ho visto- che si intitola proprio Patang - 'Aquilone' (di Prashant Bhargava, 2011), che dà un'idea della festa degli aquiloni ad Ahmedabad, a fine gennaio. Io ho avuto la fortuna di vederla alcune volte e adesso vorrei essere là, con i piedi scalzi sui mattoni caldi di un tetto indiano e migliaia di frammenti colorati in cielo che volano sopra di me.


PATANG - Preview Trailer from Khushi Films on Vimeo.

mercoledì 1 febbraio 2012

Firenze: comunicazione di servizio

Mentre fuori dalla mia finestra il vento ulula e solleva nuvole di neve, colgo l'occasione per invitarvi a Firenze. Infatti venerdì 3 febbraio sarò in questa magnifica città (neve e gelo permettendo) assieme a Luigi Dal Cin e Laura Berni, alla libreria PuntiFermi per la presentazione del nostro libro Ho sognato, ed. Kite 2011
Se qualcuno/a di voi fosse libero/a, mi farebbe grande piacere incontrarvi!
Alle 17.00 in Via Boccaccio, 49 - zona Cure, Firenze.

domenica 29 gennaio 2012

Semi di cambiamento

Non ricordo più esattamente come, ma qualche giorno fa, cercando alcune informazioni in rete, sono arrivata sul sito di Jason Taylor, fotografo e film maker che ha realizzato una serie di video molto interessanti. 
Gli argomenti ruotano tutti attorno ai temi dell'agricoltura sostenibile, della produzione biologica, dei cibi buoni, puliti e giusti. Taylor ha evidentemente un background di fotoreporter internazionale e i suoi lavori sono spesso riferiti ad esperienze indiane. Ovviamente mi sono buttata sulla visione compulsiva di tutti i suoi video, uno più interessante dell'altro, con un linguaggio e uno stile molto accattivanti.
Qui ne propongo uno, ma vale la pena, se avete un po' di tempo, di dare un'occhiata più approfondita.

Qui da noi gli argomenti ambiente, cibo e agricoltura sono molto attuali: basta leggere un po' e informarsi per rendersi conto che tutti noi 'consumatori' stiamo per esempio facendo spese sempre più verdi, partecipiamo in massa a iniziative come Terra Madre (quest'anno in ottobre), diamo spazio a iniziative di produzione e consumo sempre più consapevole (vedi orti urbani condivisi), ascoltiamo volentieri la voce di chi ha esperienza di coltivazione bio e recupero del patrimonio di bio diversità in agricoltura (Vandana Shiva docet)  e finalmente cominciamo a leggere con più interesse le etichette dei cibi che compriamo.

Sorprendentemente, anche in paesi come l'India, sfruttati dalle multinazionali agroalimentari che in questi ultimi anni sono riuscite ad imporre le proprie sementi ogm e i propri pesticidi e concimi - causando danni impressionanti sia all'ambiente che alle famiglie di contadini - si sta prendendo atto che questa strada porta alla distruzione.
I contadini, che in questi anni erano stati messi in ginocchio dai debiti contratti per acquistare sementi sterili e pesticidi letali, stanno lentamente rendendosene conto. Molti di loro non hanno fatto in tempo: abbiamo avuto anche noi, occidentali distratti, qualche notizia dei numerosi suicidi di contadini indiani che non potendo ripagare i debiti derivati dall'acquisto di semi e veleni, si sono suicidati con gli stessi veleni che dovevano servire per la loro terra (c'è un bel film, sarcastico e amaro su queste vicende, Peepli live, lo consiglio!). 


Natabar Sarangi - The Source from the source project on Vimeo.

Il video di Taylor-The Source Project che vi propongo parla dell'esperienza di un ex maestro di scuola, Natabar Sarangi, che in Orissa ha avviato un bellissimo progetto per il recupero delle varietà autoctone di riso indiane. Ne coltiva circa 350 varietà sul suo piccolo appezzamento di terra e lo fa per dare modo ai contadini che lo vogliono, di ricominciare a utilizzare le sementi di un tempo, estremamente resistenti alle condizioni specifiche di ciascun territorio. Ci sono infatti varietà di riso molto resistenti alla siccità e altre, come il Kannia Patia, che possono resistere alle inondazioni anche per 22 giorni di seguito senza morire. Per nutrire la terra e difendere le coltivazioni dai parassiti, ha reintrodotto i sistemi di concimazione tradizionali e i macerati di piante che si crescono spontaneamente ai bordi dei campi. Distribuisce quasi gratuitamente i semi che coltiva ai contadini che sono decisi a convertire i loro campi al sistema biologico.
E' incredibile vedere come un uomo solo, semplice e apparentemente isolato sia in grado di fare così tanto lavoro...

sabato 21 gennaio 2012

Due anni fa

due anni fa in questi giorni mi trovavo nel bel mezzo della campagna rajasthana. Ero al Barefoot College, la scuola dei piedi scalzi, a intervistare Bunker Roy, il suo fondatore. Da quel viaggio e da quelle interviste è nato un documentario, presentato nell'edizione 2010 del Festival Internazionale Ferrara, ma soprattutto è nata una grande stima e amicizia con le persone che fanno parte di quella organizzazione.
In questo post vi propongo il TED talk di Bunker, che è poi il discorso che pronuncia sempre nelle conferenze pubbliche. Nel corso della presentazione, Bunker Roy parla di come è nata la sua Scuola dei piedi scalzi e in cosa consiste l'approccio che lui e il suoi collaboratori hanno proposto in questi ultimi 40 anni ai poveri dei poveri delle campagne indiane.




Il sistema - poi esportato in molti paesi poveri del mondo, soprattutto in Africa - fa leva sulla valorizzazione dei saperi tradizionali, sulla demistificazione e decentralizzazione della tecnologia, sull'uso delle energie rinnovabili, sul valore della fiducia nelle persone (anche quelle povere e senza 'qualifiche'), sulla pazienza e sulla tenacia delle donne, sulle soluzioni semplici alla portata delle persone semplici.
L'approccio è mutuato dalla filosofia di Gandhi, che Bunker è riuscito magnificamente ad attualizzare e a rendere efficace anche nel mondo moderno.

Credo di avere eletto il Barefoot College e Bunker come miei 'eroi' personali: tra le diverse alternative e soluzioni pratiche (o teoriche) che ho potuto conoscere sulla risoluzione dei problemi dei poveri (che sono anche i NOSTRI PERSONALI problemi), questo è quello che più di tutti mi ha convinta. Sia sulla carta che nella realtà, che ho visto con i miei occhi due anni fa al College.

Sul sito TED il filmato con sottotitoli italiani

sabato 14 gennaio 2012

I love London

Trafalgar Square
Eccomi di ritorno dal mio viaggio londinese, con tante immagini da riguardare e tanta voglia di tornare in questa fantastica città! Non è la prima volta che vado a visitare Londra, ogni volta è una conferma del suo fascino multiforme ed eclettico, della particolare vivacità della vita e delle mille occasioni di fare qualcosa di speciale.

veduta di Muswell Hill
 Tutto è sempre molto veloce e intenso: ci sono i musei da visitare (o rivisitare, come la Tate Modern, finora la mia preferita), cibi da assaggiare, nei numerosi piccoli ristoranti e caffè multietnici, luoghi nuovi da esplorare...
Ogni volta mi sembra di non aver avuto tempo sufficiente, di essere stata costretta a rinunciare a qualche parte importante, di non essere riuscita a sfruttare ancor di più i giorni a disposizione.
So già, per esempio, che se dovessi tornare una prossima volta, vorrei vedere più giardini e parchi cittadini, che sembrano veri e propri boschi di Robin Hood a portata di metropolitana (!).

Mi piace sempre tanto il quartiere di Muswell Hill, dove torno ogni volta, ospite della 'zia Paola', e mi piace soprattutto camminare e camminare, perchè Londra è così densa di cose da vedere (anche solo le facciate delle case vittoriane ed edoardiane, con i bovindo illuminati e le persone sedute in salotto a conversare) che è quasi un peccato prendere la metro.
Mi piacciono i visi delle persone che si incrociano per strada, tutti così diversi per forme e colori, anche i più strani, ma nessuno è troppo strano a Londra.
Mi piace il mix geniale di edifici antichi e modernissimi, di legno intagliato e acciaio cromato; mi piacciono le aiuole di viole e l'erba del vicino (che qui è sempre più verde davvero), mi piace il fatto che se mi siedo in un caffè e chiedo un chai, tutti sanno cos'è.
Mi piace il Tamigi che ha le maree come il mare; mi piacciono i ponti su questo nastro di mare, che sono ricamati nel ferro nero e illuminati come una torta di compleanno.
Mi piacciono i piccoli negozi di quartiere, imbottiti di pacchetti e scatoline color pastello, un modo di fare la spesa ancora a misura d'uomo. Mi piacciono i passi veloci dei londinesi, che sanno esattamente dove andare e hanno fretta di arrivarci.
Mi piace leggere la mappa della metropolitana, con le fermate che hanno nomi eleganti da romanzo d'altri tempi.
Mi piace la sagoma della Cattedrale di St. Paul, che si può usare per orientarsi; mi piace la faccia della regina sulle tazze e le bandierine, un logo classicamente kitsch!
Insomma, Londra mi piace in mille modi, e forse se ne possono scoprire altri... tornandoci :-)

St.Paul Cathedral e Millennium Bridge

lunedì 2 gennaio 2012

Storytelling

Living Stories from Neela Venkatraman on Vimeo.

Tante Storie…quelle dei Pandavani, dei Baul e quelle dei Kavad.
Tutte queste storie sono ancora oggi narrate dai cantori itineranti di diversa provenienza geografica e diversa tradizione che vivono in tutto il territorio indiano. Raccontano le gesta degli eroi del Mahabharata, del Ramayana e dei Purana. Rappresentano tutte le esperienze umane in un arcobaleno di emozioni; attraversano ere cosmiche e si traducono in avventure, guerre, amori, prodigi, magie.

Sono facili da comprendere e ricordare, fanno il giro dell'India per poi ritornare al punto di partenza con un nuovo aspetto, anche se la struttura fondamentale rimane la stessa.
Servono per rappresentare il mondo e spiegarlo. Servono per consolarci e dare un senso alla vita; stimolano l'immaginazione e ci invitano a guardare al di là.
In India sono ancora rappresentate nei villaggi grazie alla dedizione delle comunità di cantastorie, che con le loro performances di danza, canto, narrazione (anche tutte queste cose insieme), le  tramandano e le rinnovano. Le fanno vivere in un eterno ciclo di trasformazione di tutte le cose.
Replica dopo replica, nel buio delle notti di villaggio, il mondo interiore e quello esteriore prendono forma, profondità e colore; la storia viene riordinata attraverso parole, musica e movimento. Ciascuno di noi ritrova la propria storia nella storia degli altri e del mondo intero, come se ruotassimo tutti nella medesima danza.

Questo bel video sulla tradizione dei cantastorie indiani è raccontato da Neela Venkatraman, una giovane film maker di Delhi, che ha esplorato in particolare alcuni temi sociali e politici come quelli legati alla questione del Kashmir (vedi il suo canale su Vimeo). Trovo questo suo lavoro sullo storytelling molto stimolante, grazie alle tante interviste a studiosi e storyteller che hanno contribuito a rendere completo e pieno di suggestioni il racconto.

Buon 2012 a tutti voi; questa settimana parto per una piccola vacanza a Londra, spero di tornare con delle belle foto e qualcosa di interessante da raccontare:-)
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