martedì 23 dicembre 2014

Buon Natale di luce!

Grotte di Saspol - Ladakh
E' tanto che non scrivo nulla su Italian Masala.
A volte si ha bisogno di spazio per altre esperienze, a volte si è pigri o semplicemente si concentrano gli sforzi e si risparmiano le energie.
L'India in tutte le sue sfumature fa sempre parte di me: è ancora il mio grande "progetto".
Conoscerne un pezzetto in più, approfondire la conoscenza di paesaggi noti o vederli da un diverso punto di vista è sempre la cosa più sorprendente e meravigliosa che possa fare.

L'India colorata e caotica, quella non violenta e quella dei contrasti dolorosi; l'India hindu e quella buddhista. Le cento braccia aperte e accoglienti e quelle che brandiscono armi prodigiose.
Gli occhi di Siddharta, persi nel vuoto dell'Illuminazione e il sorriso di Durga quando trafigge il Male del Mondo. Il caldo speziato che infuoca la lingua, la neve dei passi himalayani e la polvere gialla delle pianure. Cemento e catrame, cimbali e clacson, e il fischio dei treni che cuce insieme tutti gli estremi. Tutto questo è ancora il mio paesaggio interiore.

Accendo per lui una luce e vi auguro buon Natale!

domenica 7 settembre 2014

Kalachakra ritratti


Kalachakra from Elisa Chiodarelli on Vimeo.
Una delle grandi opportunità nel partecipare al Kalachakra 2014 a Leh è stata la possibilità di vedere tante persone meravigliosamente diverse tutte riunite nello stesso posto.
Ricordo che la mattina, andando a piedi verso il teaching ground per assistere agli insegnamenti del Dalai Lama e poi all'iniziazione, mi prendeva una specie di "febbre da ritratto": c'erano così tante persone incredibili da osservare, tutte in movimento e tutte - quasi - inafferrabili :-)
Allora lasciavo andare avanti i miei compagni di viaggio e mi appostavo dove mi sembrava di poter essere in posizione più favorevole per poterne riprenderne qualcuno.
Un bagno di umanità davvero indimenticabile!





venerdì 15 agosto 2014

Kalachakra 2014


Kalachakra significa letteralmente "ruota del tempo". E' la ruota del samsara, dentro cui ognuno di noi nasce e cresce e più o meno consapevolmente conduce un'esistenza fatta di stati emotivi instabili, sofferenza e illusione sulla vera natura della realtà.
Detta così sembra una visione pessimistica e abbastanza misteriosa…
Ma se pensiamo a come va il mondo o almeno la parte visibile e di superficie, forse non è un'interpretazione così lontana dalla realtà. Comunque.
Partecipare al Kalachakra a Leh, Ladakh, ha significato farsi carico di questa visione e provare ad innescare il processo inverso.
Perché i movimenti della ruota del tempo non trascendono necessariamente la nostra possibilità di scelta, ma ci invitano ad un tentativo.


Il Kalachakra è un rituale di iniziazione celebrato dal Dalai Lama, che mira alla pacificazione e al riequilibrio di infinitamente grande e infinitamente piccolo; universo e mente, in cui si annullano gli opposti nella vacuità dell'attimo presente.
E' un percorso meditativo che ognuno dei partecipanti - che possono essere centinaia di migliaia, a differenza di altri tipi di iniziazione, possibili solo per pochi - compie attraverso il mandala di sabbia colorata costruito dai monaci durante i giorni di preparazione.
Questo mandala - un diagramma che attraverso le sue geometrie e le sue corrispondenze rappresenta l'universo della mente - raccoglie tutti gli insegnamenti che lo stesso Buddha Shakyamuni avrebbe trasmesso nella notte dei tempi.
E i partecipanti sono invitati a rivivere questi insegnamenti attraverso visualizzazioni, pratiche specifiche, mantra e meditazione.


La storia narra che Buddha, su invito del re di Shambala, si recò nella capitale di questo regno favoloso nell'India meridionale per trasmettere gli insegnamenti di liberazione suprema. Il Buddha si manifestò al re nell'aspetto della divinità Kalachakra in unione con la consorte Vishvamata, e trasmise questa iniziazione e il relativo insegnamento esoterico.


Shambala è una terra misteriosa, abitata da illuminati dediti alla resurrezione spirituale dell'umanità. Un luogo mitico di pace e felicità, una congrega di menti superiori, che attendono il momento opportuno per intervenire in soccorso di tutti gli esseri senzienti.
Una delle ragioni per cui il Dalai Lama conferisce periodicamente l’iniziazione di Kalachakra si trova nella profezia secondo cui coloro che la ricevono rinasceranno durante il regno del XXV re di Shambala, pronti ad ottenere la completa illuminazione grazie alla pratica di meditazione di questo Tantra.
Sembra infatti che tutti coloro che hanno ricevuto questa iniziazione speciale faranno parte dell'esercito di Shambala, che salverà il mondo trasformandolo in un luogo di pace.
Nel corso dei secoli, avventurieri e sognatori hanno cercato questo regno, esplorando i territori montuosi del Tibet o percorrendo le valli himalayane. Ne sono nati resoconti di viaggio e romanzi d'avventura che mescolano geografia, mito e narrativa.
Ad ogni modo l'attuale Dalai Lama ha conferito l'iniziazione di Kalachakra già 33 volte dal 1954, per facilitare la connessione mistica con Shambala, diffondere il più possibile il suo messaggio di pace e unificazione o perlomeno spargere semi karmici positivi nella vita tutti coloro che partecipano.


In pratica l'Iniziazione di Kalachakra di Leh si è svolta durante dieci giorni di immersione totale nella dottrina buddhista tibetana, tre giorni di insegnamenti di Sua Santità, altri tre di iniziazione vera e propria, oltre ai giorni di preparazione, preghiere, costruzione del mandala di sabbia. 160 mila le
persone presenti, di cui 9.000  monaci, 6.000 stranieri e migliaia di famiglie provenienti dai quattro angoli dell'Himalaya per partecipare a questa gigantesca cerimonia di pace.
9.000 volontari - sia ladakhi che stranieri - per registrare i pellegrini, coordinare i programmi della giornata, distribuire il tè e il pane (a tutti e 160 mila!), assistere e accompagnare.
Più di un migliaio di tende per accogliere i pellegrini provenienti dalle zone più lontane, come Zanskar, Changthang, Nubra e Sham.
Una carovana infinita di umanità, che ogni mattina presto, con il sole ancora obliquo dietro alle cime attorno alla valle di Leh, si metteva in cammino e poi in fila per accedere al "teaching ground" uno spazio aperto, attrezzato per l'occasione.
E di nuovo in fila (chilometrica!) per ammirare il mandala di sabbia durante gli ultimi due giorni di Kalachakra, prima che venisse distrutto, ovvero trasformato e restituito al fiume.


domenica 3 agosto 2014

Gompa del Ladakh


GOMPA from Elisa Chiodarelli on Vimeo.

Ecco un altro frammento di questo viaggio bellissimo fatto sul tetto del mondo...
Una delle mete quotidiane sono stati i Gompa, i monasteri buddhisti appartenenti alle diverse scuole e lignaggi, sparsi attorno a Leh, la capitale del Ladakh.

I Gompa rappresentano quello che nella nostra Europa medievale furono le Abbazie: centri religiosi e di amministrazione economica del territorio più o meno potenti, completamente autonome o inserite all'interno di una 'diocesi'.
A capo dell'abbazia c'era (e c'è ancora) un abate, in genere un reincarnato, un tulku, importanti maestri "risvegliati" del passato che, grazie alla infinita compassione per tutti gli esseri senzienti, decisero di non isolarsi nell'estinzione di coscienza del nirvana, ma di continuare a rinascere proprio per aiutare il prossimo sulla via della liberazione.

All'interno delle sale del monastero sono in genere appesi i ritratti dell'abate - eventualmente scomparso - e della sua reincarnazione attuale, di solito un bel bambino dallo sguardo sveglio. Da questo bambino deriva il prestigio dell'intera comunità monastica…
Avvicinare i villaggi in cui sono costruiti i Gompa è di per sé un'esperienza estetica.
Sembrano giganteschi formichieri a dieci piani, costruiti sulla sommità di colline di polvere gialla, spesso al centro del lago verde di un'oasi di montagna.
A volte non si vedono immediatamente: serve un momento di concentrazione per individuare la cittadella del Dharma aggrappata alla costa della collina, svettante sopra i campi di orzo e gli alberi di albicocche.

La sua organizzazione interna ruota attorno alla grande sala centrale destinata alle adunate dei monaci e ai riti da celebrare collettivamente. E' qui che si realizza pienamente il 'terzo dei tre gioielli' ovvero il Sangha, la comunità (gli altri due 'gioielli': Dharma e Buddha).
Il resto del complesso monastico è costituito dai collegi di istruzione, che servono alla preparazione dei novizi e dei monaci; le sale per le celebrazioni liturgiche minori; la biblioteca, i locali di servizio (cucine, refettorio, magazzini, ecc.); gli ambienti che ospitano i monaci residenti e gli ostelli che accolgono quelli in visita.
Accanto allo studio dei testi liturgici, dogmatici ed esoterici con i relativi commentari, i monaci si dedicano anche all'approfondimento delle materie ausiliarie: logica, dialettica, retorica, ma anche medicina, astronomia, disegno, ecc.
Nel cortile centrale a volte si svolgono le dispute filosofiche: dato un argomento, i monaci più capaci a turno vengono invitati ad affrontare un vero e proprio duello dialettico in cui devono dar prova di erudizione, perspicacia e prontezza di spirito.

In queste immagini che vi propongo assistiamo ad una celebrazione liturgica svolta nella sala principale del monastero di Hemis, cittadella monastica del lignaggio Drukpa, corrente della scuola Kagyu - i Berretti Rossi.
Il Gompa risale all'XI secolo, quando passarono di qui alcune delle figure più brillanti della storia del buddhismo vajrayana: i maestri Naropa e Tilopa si incontrarono per discutere i 24 compiti che avrebbero realizzato la vacuità di tutte le cose. Chissà, probabilmente si sedettero sulle rocce dorate attorno al primo nucleo del monastero, contemplando il vuoto limpido di queste valli che fa da eco a quello che ciascuno di loro (e di noi) può trovare in sé ed in ogni manifestazione del samsara…
Le altre immagini sono un patchwork dei paesaggi su cui tornerò nei prossimi post.

martedì 22 luglio 2014

Juley!

Eccomi di ritorno dal Paese degli Alti Passi con molte immagini ancora vive negli occhi, molta curiosità e interesse per quello che ha da raccontare e con una enorme gratitudine per aver potuto partecipare al Kalachakra tenuto dal Dalai Lama.

E' stato un viaggio molto intenso in un'India insolita per me, abituata alle pianure, alla folla della città, al traffico brulicante dei suoi mercati e ai colori al neon di un paese che vuole andare sempre più veloce (e che ti prega di suonare il clacson* se vuoi tentare di dribblarlo e arrivare per primo).

E' stato un viaggio condiviso con tante altre persone, che come me volevano ascoltare gli insegnamenti dell'Oceano di Saggezza e partecipare all'iniziazione del Kalachakra - mentre i monaci dalle dita di formica costruivano un universo di perfezione geometrica (il Mandala) con poche manciate di sabbia colorata.
Attorno, centosessantamila persone facevano girare a man destra i mulini della preghiera, incisi nella polvere della valle di Leh che sale a spirali fino ai picchi di pietra sfogliata tutto attorno.

In fila una dopo l'altra, le isole smeraldo delle oasi abitate: i villaggi di Bazgo, Alchi, Hemis, Lamayuru, dove eremiti meditanti e bodhisattva arcobaleno si fermarono per permettere la costruzione di termitai di sabbia e legno, che custodiscono ancora oggi gli spiriti ricoperti d'oro dei suoi demoni dalle fauci spalancate.
Le donne, con i capelli neri intessuti di peli di yak e i turchesi alle orecchie, mormorano davanti alle loro statue - Om mani padme hum - e appoggiano la testa sulle ginocchia, invocando la loro infinita compassione.

L'Indo, oggi come cinquemila anni fa, corre e scava, si curva, ruggisce e si infrange; guarda dal basso le altezze frastagliate delle montagne e ogni tanto regala qualche goccia ai chicchi di orzo nei campi lungo la sua strada.
Una sinfonia di colori scandisce il suo pentagramma: rocce malva fiorite di cristalli, striature verdi come i ricordi di cascate scroscianti di altre epoche, torrioni color della luna, gole ardesia che si sbriciolano al vento. La geologia in Ladakh è un imperativo tagliente.
Segna il paesaggio come i visi dei suoi abitanti.

Allora partiamo per questo Viaggio, a passi corti e respiri profondi.



*Curiosamente, in India i mezzi pesanti hanno dipinta sui parafanghi la scritta "blow horn", suonate il clacson :)

giovedì 26 giugno 2014

In Ladakh per il Kalachakra

Insomma, eccoci.
Tra pochi giorni sono di nuovo in partenza: destinazione India, ovviamente!
Questa volta però ho deciso di viaggiare attraverso una terra che ancora non ho mai visto: il Ladakh.

Erano anni che speravo di poterci andare e adesso sembra proprio che le opportunità e le condizioni mi indichino quella direzione.
Saranno stati forse gli incontri con il buddhismo, che in quella parte di Tetto del Mondo è ancora così vivo e presente; la partecipazione agli insegnamenti del Dalai Lama di due anni fa, la visita ad una Dakini e il viaggio in Francia ad ascoltare le parole della monaca Robina Courtin... fatto sta che per questo giro di giostra ho scelto una terra che è intrisa nel più profondo di queste presenze.

In questo 2014 poi c'è una ragione in più per andare in Ladakh, cioè la celebrazione a Leh del Kalachakra, alla presenza del Dalai Lama.
Il Kalachakra (lett. Ruota del Tempo) è una grande celebrazione tenuta l'ultima volta nel 2011, che comprende alcuni giorni di insegnamento da parte del Dalai Lama, danze, preghiere, un rito speciale di iniziazione, benedizione e purificazione e la costruzione di un grande mandala di sabbia destinato - come tutte le cose - ad essere distrutto, ovvero a trasformarsi.
Dato che si tratta di un evento molto importante, è prevista la presenza di centinaia di migliaia di pellegrini (come me), molto probabilmente più di 100 mila.
Tutti insieme per celebrare la nostra transitoria presenza su questa meravigliosa inestimabile terra, che ci accoglierà in uno dei luoghi più sospesi e brillanti, per regalarci un'altra opportunità.
Questo è quello che spero.
Al mio ritorno, spero anche di potervi raccontare ancora tante nuove storie.
Om mani padme hum :-)

domenica 11 maggio 2014

buona festa della mamma

Buona festa della mamma...
non ci sono feste più superflue di quelle dedicate alle donne (nei loro vari ruoli), che avrebbero bisogno invece di una considerazione quotidiana.
Comunque.
Ad accompagnare questa piccola tappa annuale, una vecchia foto scattata a Palitana, in Gujarat, che racconta il passaggio di un ragazzo jain verso l'iniziazione religiosa.
Per questo, vestito da principe e seduto su una carrozza d'argento, rinuncia a tutte le ricchezze terrene - letteralmente le dona, le regala - denaro, gioielli, riso e dolciumi, per liberarsi dall'effimero e dedicarsi alla ricerca spirituale.
Sua madre, seduta dietro di lui, affronta con orgoglio e una punta di malinconia la rinuncia suprema...

domenica 4 maggio 2014

Kulfi al pistacchio

Quando mi prende la nostalgia dell'India, la prima cosa che mi viene in mente di fare, per compensare, è di cucinare qualcosa di buono. Qualcosa di molto indiano, anche solo un chai. In effetti tutta l'esperienza indiana può stare dentro ad un sapore in particolare, tanto quanto la Recherche sta dentro al ricordo di una piccola dorata madeleine…

Ma siccome è arrivata finalmente la stagione giusta, ho deciso di provare la ricetta del kulfi - una specie di gelato versione indiana, perfetto per la stagione estiva.
Si può fare in tante diverse varianti: mandorle, pistacchio, mango.
Qui vi propongo una versione in cui si combinano i gusti della mandorla e quello del pistacchio, una specie di incontro siculo-indiano sul tema dei dolci...

Ma ecco la ricetta (per 6 persone):
1 lt. di latte intero
1 lt. di latte di mandorle
1 tazza di panna fresca (opzionale)
2 cucchiai di zucchero
5-6 bacche di cardamomo
zafferano in polvere o in stimmi
1 cucchiaio di maizena
tre cucchiai di pistacchi tostati e poi tritati


Mescolate i diversi tipi di latte e la panna (se la utilizzate: io no, per via dei sensi di colpa…). Parentesi: se fate qualche ricerca in rete, troverete che alcune ricette utilizzano il latte condensato in lattina, che di solito è della Nestlé. Io ho preferito il latte fresco (e poi la Nestlé non mi sta così simpatica), ma se ci provate, sappiatemi dire come viene :-)
Mettete i liquidi in una padella larga e abbastanza fonda, sul fuoco, a aggiungete i semini interni del cardamomo.
E qui comincia la parte più noiosa, perché bisogna mescolare e mescolare e mescolare. Potete utilizzare questi 40 minuti circa per ascoltare musica e canticchiare, per discutere del tempo al telefono con vostra madre o per farvi ripetere la lezione di storia da vostra figlia - se l'avete...
Quando i liquidi si sono ridotti della metà e sono diventati sciropposi, è il momento di aggiungere lo zucchero (attenzione: meglio assaggiare prima, perché il latte di mandorla è già dolce, e quindi regolatevi in base al vostro gusto personale), lo zafferano e la maizena sciolti in un goccio di latte, i pistacchi tostati già tritati.
Mescolate ancora un po' per permettere alla maizena di addensare ulteriormente il kulfi.

Spegnete il fuoco e fate raffreddare 10 minuti. Trasferite il kulfi dentro a delle coppette. Quando è tiepido, coprite con una pellicola in modo che stia a contatto con la superficie del liquido; questo dovrebbe aiutare ad impedire la formazione dei cristalli di ghiaccio. Mettete in freezer per almeno 4 ore.
Io ho mescolato, di tanto in tanto i kulfi, così che alla fine, la crema gelata fosse più omogenea.
Si può servire decorato con altri pistacchi o come vi suggerisce la fantasia.

sabato 26 aprile 2014

Piccole donne crescono. In Rajasthan, contro i matrimoni precoci.





Mother India, si dice, per fare riferimento a questo grande grembo di cultura e civiltà che è ancora il sub-continente indiano. Ma l'India purtroppo non tratta sempre bene le sue figlie.

In questi ultimi mesi, credo che tutti noi, anche qui in Italia, abbiamo avuto notizie di violenze contro le donne. Che hanno lasciato cicatrici profonde e che per fortuna non sono passate inosservate. Anzi.

La società civile indiana si è mobilitata contro una cultura ancora troppo sorda e cieca di fronte alle ingiustizie e alle violenze. Dall'infanticidio femminile, ai casi di mogli oramai 'inutili' sfigurate con l'acido, agli stupri di cui sono vittime le giovani ragazze di città e villaggi, l'India non ha molto di cui vantarsi fin qui.
C'è da dire però che, accanto a queste voragini di inciviltà e violenza, si sta assistendo ad un lento ma inesorabile movimento di ricostruzione.
Le donne, da sole o in gruppi più o meno organizzati, cercano di recuperare, di farsi forti, di resistere.

Tra i tanti fronti su cui combattono (ricordo che il lavoro è uno dei tanti, me ne sono occupata nel reportage su Sewa, il Self Employed Women Association di Ahmedabad), c'è quello della lotta contro la pratica dei matrimoni precoci.
Pensate che ad oggi, ancora un 47% di ragazze in media, si sposa prima dei 18 anni. In Rajasthan, uno degli stati più arretrati dal punto di vista sociale - anche se i fiumi di turisti che lo visitano non se rendono probabilmente conto - la percentuale sale al 56%.
Tanto, no? Troppo.

Anche il Mahatma Gandhi, che si sposò con la sua Kasturbai a 13 anni, sosteneva con grande fermezza la lotta contro questa forma di violenza, una violenza su degli adolescenti costretti ad un passo così importante, che per le ragazze significa sobbarcarsi la responsabilità di una gestione domestica, gravidanze precoci con problemi di salute e preclusione definitiva da una qualsiasi istruzione.
E allora bisogna avere la forza di dire no. Secondo lo stesso Mahatma, saper dire no è ancor più importante che dire sì.

Nello stato di Haryana per esempio, è stato varato un programma governativo chiamato "Apni Beti Apna Dhan" (nostra figlia è il nostro tesoro) che offre ai genitori un bonus assicurativo alla nascita di una figlia femmina, che viene riconosciuto solo se la ragazza raggiunge i 18 anni ancora nubile.
In Rajasthan, il Barefoot College, una organizzazione nata 40 anni fa grazie a Bunker Roy, lavora nei villaggi poveri e isolati delle campagne, attraverso le Night Schools, scuole notturne che permettono ai bambini - soprattutto alle femmine - di accedere all'istruzione che diversamente sarebbe loro negata. 
E come questi due esempi, altre decine di iniziative in tutta l'India, per migliorare la consapevolezza nei genitori e nei ragazzi, di quanto sia importante che i bambini possano rimanere bambini il più a lungo possibile.


Too Young to Wed: Rajasthan from TooYoungtoWed on Vimeo.

Il video che vi propongo (nemmeno 5 minuti, finanziato dal programma 'too young to wed' delle Nazioni Unite), dà voce ad alcune di loro (alcune ragazze e un ragazzo), che ci raccontano di come siano riuscite ad evitare il matrimonio precoce e a continuare a frequentare la scuola.
Piccole belle storie di tanti 'no' detti in coro.

domenica 23 marzo 2014

Libertà da cosa? Jayati Ghosh e l'economia indiana



In periodo di elezioni - ricordo che in India si sta svolgendo la campagna elettorale che si concluderà a maggio con le elezioni - vi propongo questa breve intervista.

Lei è Jayati Ghosh, economista indiana di fama; professore all'Università di Delhi dove si occupa in particolare di globalizzazione, finanza internazionale, occupazione nei paesi in via di sviluppo, macroeconomia, partecipazione femminile nei processi di sviluppo.
Fa parte di una manciata di organizzazioni che osservano i meccanismi di crescita economica della nuova India e scrive per diversi quotidiani indiani e non (uno su tutti, The Guardian).
Nel 2011 ha ricevuto il premio Decent Work Research della ILO, la International Labour Organisation.
Nell'intervista Jayati Ghosh risponde ad alcune domande poste da un giornalista di Tehelka, la rivista on line fondata nel 2000 da Tarun Tejpal, famosa per il suo giornalismo investigativo e fuori dal coro.

Ascoltiamo l'opinione della Ghosh sul senso della libertà oggi in India.
"La libertà della gente è quella che permette loro di scegliere le opportunità per sviluppare il loro potenziale ed è anche quella che permette loro di decidere cosa fare nella/della vita. E questa libertà non viene dal mercato, anzi, normalmente il mercato "libero" te lo impedisce - spiega".

Secondo l'economista "è quindi il governo che deve garantire o facilitare questa libertà.
Lo si può vedere in India, - continua - che è piena di gente "libera" dalla possibilità di scegliere, "libera" dalla possibilità di avere accesso al vero sviluppo. E il giorno dell'Indipendenza (l'intervista è stata pubblicata lo scorso 14 agosto 2013, anniversario dell'Indipendenza indiana), è un giorno che dovrebbe servire a ricordare quanto ancora rimane da fare nel campo dei diritti di base".
Da che cosa l'India ha ancora bisogno di affrancarsi?
Secondo Jayati Ghosh, la nazione indiana ha bisogno di essere libera dalle sue élites - i suoi gruppi di potere, che negano alla maggioranza della gente l'accesso ai diritti.
Già sentito?
Evidentemente non abbastanza...

lunedì 17 febbraio 2014

Bhaskar Save e l'agricoltura non violenta


A Holy Thing from The Perennial Plate on Vimeo.

Ho sempre pensato che se potessi avere un pezzo di terra, da coltivare o da usare per il piacere di avere un giardino, considererei questa opportunità come un privilegio.

Credo che sia un grande onore e una responsabilità possedere la terra, anche se, come diceva il capo nativo americano Seattle, "la terra non appartiene agli uomini, sono gli uomini ad appartenerle; (…) Tutte le cose sono collegate. Qualunque cosa succeda alla terra succede ai figli della terra. L'uomo non ha tessuto la trama della vita: egli è un filo. Qualunque cosa egli faccia alla trama, egli lo fa a se stesso." (1852, lettera al Presidente degli Stati Uniti F. Pierce).

In questo blog ho proposto spesso questo tema: quello della responsabilità dell'uomo nei confronti della terra e dei suoi frutti. L'agricoltura è - credo - uno dei tanti modi per esprimere un pensiero, o rappresentare una cultura.
Ho proposto il punto di vista di Vandana Shiva, scienziata e attivista indiana che viene considerata da alcuni un punto di riferimento lucido e positivo (da Slow Food in particolare) da altri una voce utopica e distorta (leggetevi per esempio il blog di Dario Bressanini che dà un parere da scienziato sulla questione Ogm) rispetto alla risoluzione dei problemi legati all'agricoltura e alla distribuzione di cibo nel mondo.
In effetti si tratta di un problema molto complesso, fatto di molti fattori interdipendenti: economici, politici, sociali.
Quando posso non manco di chiedere il parere di chi lavora quotidianamente nel mondo dell'agricoltura, o chi se ne occupa come tecnico o ricercatore.
E ogni volta colgo un aspetto che non avevo considerato prima…

Ma al di là di tutto, penso che il principio, l'idea, l'INTENZIONE che sta sotto alle nostre scelte in qualsiasi campo - anche in agricoltura o semplicemente in cucina -, faccia la differenza.

In questo video di The Perennial Plate si racconta la storia di Bhaskar Save, il "Gandhi dell'agricoltura indiana". Mister Save, nella sua fattoria in Gujarat, coltiva secondo principi non violenti. E i risultati si vedono, sia sugli uomini che sulla natura.
"Soil means jivan" dice il signor Save, la terra è vita. In una manciata di terra sono contenuti così tanti esseri viventi, che diventa necessario mostrare rispetto e utilizzare la non violenza.
... E se ci arrendiamo all'intelligenza della Terra, potremo crescere radicati come gli alberi.

domenica 2 febbraio 2014

Due Indie


AnimaFoto: India HD from Nelson Porto on Vimeo.

Mettendo un po' il naso di qua e di là nel mondo video (come faccio spesso), mi è capitato di vedere questi due short che parlano di India. Non c'è una storia precisa, sono suggestioni accostate per dare una sensazione e lasciare una traccia sottile, un gusto. Sono entrambi molto ben fatti, ma sono molto diversi.

Nel primo in alto c'è un'India superlativa: suoni e luci, tramonti psichedelici, il traffico che scorre e il tempo che passa. Turisti, pellegrini, monaci e bambini nel pentolone ribollente del samsara indiano. E' realizzato quasi interamente con un collage di time lapse, che è come se si riportasse la fluidità delle immagini ai suoi singoli frame.

Il secondo video  riapre la giornata là dove il primo l'aveva conclusa.
Un tè prima di partire e poi un'India quotidiana, quella dell'infinitamente piccolo.
Particolari dei particolari: un venditore di pesce, le rotaie della ferrovia, passi e smorfie, le saracinesche ancora chiuse, rifiuti, un cane in mezzo alla strada, la miseria, l'attesa, la polvere.
Tutte le cose che non fotograferemmo mai, ma che entrano ugualmente nel quadro, mentre cerchiamo di evitarle.
E' come se nel primo video ci fosse già anche il secondo, fatto con i ritagli e gli scarti, ma con la stessa compassione.


India Morning. 0642 from Red Eye Film Co. on Vimeo.

domenica 12 gennaio 2014

Il rispetto secondo il Buddhismo

Comincio questo 2014 con un articolo di Robina Courtin, la monaca buddhista di origini australiane che sono andata a sentire in novembre, all'Istituto Vajrayogini di Lavaur, in Francia.

Credo che chi segue questo blog abbia capito che Robina mi ha colpita profondamente. Forse aveva un modo di esporre e raccontare adatto a me e alle mie orecchie curiose ma al tempo stesso scettiche... fatto sta che mi sembra che quello che dice sia sempre estremamente chiaro e utile. E il tono non è mai troppo pesante, né usa una terminologia troppo difficile.
Insomma, beccatevi anche questo:-) spero faccia bene! 

"Se non rispetti te stesso, come puoi aspettarti che lo facciano gli altri?"

"Ricordo che mia madre mi diceva questa frase, ma io non la ascoltavo. Volevo tanto che gli altri mi approvassero, mi amassero e mi rispettassero, ma non riuscivo a collegare questi bisogni al mio basso livello di autostima. D'altra parte, non sapevo neppure che cosa significasse! Mi sembrava scontato non essere degna.

Secondo l'interpretazione buddhista della mente umana, questa è l'ironia dell'ego. Una delle funzioni dell'attaccamento (l'attaccamento è una delle tre principali cause del dolore ndr) è proprio questa insistenza dell'ego nella sua propria insoddisfazione.
Non importa ciò che riusciamo a fare, realizzare o sperimentare; a noi sembra che non sia mai abbastanza: che è un altro modo per dire che molto spesso ci concentriamo sui nostri difetti.
Anche se desideriamo così tanto l'approvazione degli altri, quando la otteniamo, non riusciamo neppure ad accettarla. Se anche dieci persone dicessero cose positive di noi, noi ci comporteremmo come sordi. Al contrario, basta che una sola persona dica una cosa negativa, che noi ci crediamo subito. Totalmente.

Che cosa dimostra tutto ciò? Che non apprezziamo noi stessi.
E' così triste… Invece, ciascuno di noi possiede un tale potenziale di bontà, chiarezza, gentilezza e saggezza - e anche di appagamento.
Il problema è che dobbiamo allenarci a pensare in questo modo per controbilanciare quello che secondo Buddha è l'abitudine con la quale nasciamo: bassa autostima, attaccamento, rabbia, tristezza, gelosia.
Di sicuro ci capita di arrabbiarci, di parlar male degli altri, di far casino nelle nostre relazioni, di essere gelosi, eccetera, e avremmo bisogno di renderci conto di quel che facciamo. Invece, alla fine, semplicemente ci sentiamo "in colpa". E questo è del tutto inutile: non è così che ci possiamo prendere la responsabilità delle nostre azioni. Al contrario, serve solo a rinforzare la nostra bassa autostima. E per di più, crediamo che questa situazione sia immutabile, che noi siamo proprio così come ci sentiamo.

Ma d'altra parte, sappiamo anche fare cose buone: lavoriamo sodo, perdoniamo gli altri, siamo pazienti, proviamo amore e compassione - cose così importanti! Dobbiamo ricordarci ogni giorno, dicendocelo letteralmente, che queste qualità rappresentano ciò che noi siamo veramente. Finché diamo retta ai pensieri distruttivi, rimarremo sempre bloccati.
Il nostro attaccamento a quello che gli altri pensano di noi è così determinante nella nostra vita che rappresenta la causa di una buona parte della nostra infelicità. Ed è così tanto difficile da vedere: è la nostra modalità abituale.

Ciò che ci aiuta a diventare più forti e a far crescere ciò che siamo veramente - che è un altro modo di sviluppare il rispetto per sé - è la consapevolezza di ciò che sentiamo e pensiamo. Con il coraggio di seguirlo, senza preoccuparci di quello che gli altri pensano di noi.
In altri termini, è più importante renderci conto di quello che succede nella nostra mente che preoccuparci costantemente di quello che succede nella mente degli altri.

Mi ha emozionato molto leggere su The Guardian di quella infermiera australiana, Bronnie Ware, che per anni ha lavorato con pazienti in punto di morte, e che ha raccolto le sue esperienze in un libro: I cinque rimpianti più grandi di un morente.
Racconta che il rimpianto più grande è: "mi sarebbe piaciuto aver avuto il coraggio di vivere una vita che avesse significato per me, non una vita come quella che si aspettavano gli altri".
Questa è grossa! Ma è proprio così!
C'è un bel proverbio buddhista che dice: "un uccello ha bisogno di due ali per volare: saggezza e compassione". Potreste dirmi che la compassione è la cosa più importante: rendersi utili, alleggerire il fardello del nostro prossimo…ma, come dice il Dalai Lama "la compassione non è abbastanza, c'è bisogno di saggezza". E ciò implica semplicemente sviluppare se stessi, far crescere il nostro potenziale innato di chiarezza e aver coraggio nelle scelte che facciamo. E questo non porta altro che un grande rispetto per sé, buona autostima, tanta soddisfazione e felicità.
Non vi pare?


articolo di Robina Courtin, apparso su Soul & Spirit Magazine, novembre 2013, qui il pdf in inglese


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...