martedì 27 luglio 2010

I ritmi dei pellegrini

“(...) La sofferenza può trasformarsi in terapia. Nel momento stesso in cui l'uomo è convinto di soccombere, inizia la metamorfosi; costretto a interiorizzare ciò che gli accade, può scegliere tra lo sprofondare nella paranoia maledicendo il mondo, oppure farsi poeta e librarsi sui propri mali con sguardo acuto e amorevole. (...) E da quell'umorismo, da quell'amore per la propria condizione, inizia forse la sua guarigione”.
Edith de la Hérronière, La ballata dei pellegrini, Sellerio Ed.

scale, scalini, dislivelli, piani diversi, ritmici pieni e vuoti che ti conducono tutti in un punto, per renderti conto che quella non è la meta e che non sei arrivato, ma hai di nuovo di fronte a te mille altre possibilità di cammino.

Il Gujarat offre in effetti una serie di spunti di riflessione su questo tema; Palitana e la sua collina ricamata di templi è forse l'esempio più eclatante, più sbalorditivo.
Circa 4000 gradini che ti portano verso la cima, assieme ai pellegrini attorno a te e ai muli che portano le provviste su nei templi, o fungono da trasporto dei materiali per il restauro delle costruzioni.
Si suda e si fatica, ogni tanto ci si ferma a riprendere fiato o a bere un sorso d'acqua. Le gambe fanno male, ma faranno male ancora di più al termine della discesa e per i giorni successivi.
Qualcuno decide di prendere un dholi, una portantina, sorretta da due o quattro persone -uomini o donne- che sono veloci come fruste, e quando li vedi scendere, sembra che volino.


Il ritmo di Palitana è un ritmo di passi e di respiro, che ti ricompensa della fatica con una visione abbagliante di guglie bianche e intarsi di marmo; anch'io come la statua di Mahavira, ho la Meraviglia impressa negli occhi.

Ma i ritmi di pietra non sono finiti: anche a Modhera, sulla superficie del Tempio del Sole, le ore, forse i minuti, si contano con le ombre dei suoi scalini, dei suoi mille ripiani che ti portano in giù, questa volta, verso lo specchio verde opaco della piscina per i bagni rituali.

Calcoli di pietra che mille anni fa, architetti preoccupati di dare ordine alle forme, si sforzarono di tradurre in bellezza: quadrati, rettangoli, coni, sfere, stelle.

Ritmi e geometrie perfette, che ci servono per riordinare il caos del samsara e trasformarlo in una realtà che si può contare.

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