domenica 12 giugno 2011

Dinosauri/1

Uno degli incontri più straordinari fatto durante l'ultimo viaggio in India è senz'altro quello con la comunità Rabari, un popolo che vive oggi ai margini sociali di questo Gujarat rampante e in vertiginosa ascesa economica, grazie alle scelte dei suoi governanti.
I Rabari sono uno dei tanti gruppi tribali che abitano i confini tra l'India e il Pakistan, in piccoli villaggi ai margini del deserto salato, oggi in parte ricostruiti dopo il terribile terremoto del 2001 che devastò tutta la zona meridionale dello stato.
I villaggi sono davvero poveri e sperduti, sorgono nel mezzo di una vasta zona pianeggiante - con poche rocciose eccezioni - in cui il sole batte furioso tutto l'anno, ad esclusione del momento in cui le piogge monsoniche sommergono per parecchi centimetri la terra e il sale, trasformando il Kutch in un lago surreale.
Fino al 1800 tutta questa zona era il percorso abituale delle carovane che trasportavano merci da e per i porti della costa; poi, quell'epoca felice giunse al tramonto e il Kutch entrò in una progressiva emarginazione. A occidente, il grande centro commerciale e finanziario di Bombay monopolizzava i traffici in maniera crescente, a oriente il nuovo porto di Karachi cominciava a far sentire il suo peso.
Nel 1947 la partition tra India e Pakistan impresse una drammatica accelerazione al declino che fino ad allora aveva lentamente divorato le energie commerciali della zona. Il Kutch si ritrovò ad essere terra di confine tra due stati ostili e divenne nel 1965 teatro del conflitto indo-pakistano.



In questo contesto difficile, le popolazioni tribali del deserto sono sopravvissute ai vari stravolgimenti, cercando di mantenere la propria identità di gruppo con le proprie tradizioni, la lingua, gli usi, la religiosità, i metodi di sussistenza. Questi gruppi, le jati, si sono distribuite su tutto il territorio del Kutch, ma anche nel Saurashtra, nel Gujarat settentrionale, in Rajasthan e nel Sind pakistano.
Viaggiando per il Gujarat, capita di incontrare degli appartenenti alle varie jati Rabari: si riconoscono subito dall'abbigliamento del tutto particolare delle donne (gonna, camicetta e scialle neri) e degli uomini (camicia pieghettata bianca, pantaloni e turbante bianco).

La loro origine mitica affonda nelle radici del tempo; pare che i progenitori dei Rabari fossero una coppia formata da una fanciulla, figlia del primo guardiano di cammelli (creato da Shiva e Parvati, non senza una serie di incredibili peripezie e colpi di scena), e un principe Rajput. Questo stabilì la parentela e il legame tra Rabari e Rajput, legame mitico che giustifica poi la dipendenza di questi due gruppi sociali nella realtà storica, legati da affari commerciali e allevamento (e approvvigionamento) di bestiame.
I Rabari infatti sono soprattutto allevatori, di capre, pecore, cammelli e vacche; e i loro sistemi di allevamento prevedono ancora - chissà per quanto - la transumanza dal villaggio alle zone di pascolo, sempre più rare e preziose (e lontane).
La migrazione inizia a novembre e si conclude alla vigilia del monsone. I restanti quattro o cinque mesi vengono trascorsi al villaggio. Nel sistema castale tradizionale ciascuna jati era dedita all'allevamento di una sola specie animale: certune le vacche, certe altre i bufali, altre ancora le capre e i cammelli. Questo determina una gerarchia: chi alleva le vacche e i cammelli occupa una posizione di maggior prestigio sociale, anche se con l'espandersi della rete di trasporti su ferrovia e su strada, il ruolo del cammello nei traffici commerciali è drasticamente cambiato.
Per tutte le comunità Rabari del Kutch comunque il cammello mantiene una grande importanza simbolica e religiosa e ogni famiglia cerca di tenerne uno per fini cerimoniali e come testimonianza del proprio status.
E ovviamente, dalla vendita degli animali e dal commercio dei loro prodotti (latte, derivati e lana), i Rabari ricavano il necessario per vivere.
Oggi comunque i Rabari si sono parzialmente sedentarizzati e sempre più integrano la pastorizia con la coltivazione dei campi.
Ciononostante, viaggiando per il Gujarat, capita, nel bel mezzo di un tratto autostradale trafficato, di imbattersi in una famiglia Rabari che si sposta, con i propri averi caricati sui cammelli, per raggiungere un bivacco, un pascolo o un accampamento di transumanza. E' un incontro strano, come se ci si imbattesse in un esemplare di essere vivente venuto dal passato più remoto.

6 commenti:

Unknown ha detto...

le tue foto, accompagnate da una descrizione dettagliata dei luoghi, ci fanno entrare in un mondo lontano anni luce...GRAZIE!

Silvia Merialdo ha detto...

ciao Elisa, sono bellissime queste foto, complimenti!
E la loro storia è affascinante.

Ho incontrato i Rabari in Rajastan e le popolazioni nomadi in generale mi affascinano terribilmente, dalla Mongolia al Sahara.

Mi chiedo sempre ancora per quanto tempo continueranno a vivere in questo modo.

Nela San ha detto...

In questo sta il fascino del tuo blog: fotografare un'India sconosciuta ai più,ma, soprattutto, sapere spiegare le testimonianze di questo mondo che queste foto ritraggono.
Bye&besos

Elisa Chiodarelli ha detto...

@ cara TdM, GRAZIE a te che trovi sempre il tempo di leggere e di accompagnare il ritmo di questo blog! infatti i Rabari sono tra gli ultimi -credo- a resistere come possono all'avanzare del progresso.

@ ciao Silvia! è vero che sono affascinanti questi popoli che stanno ai margini... fortunatamente ancora ce la fanno, ma guarda in che autostrada sono costretti a camminare. Speriamo resistano ancora! comunque i Rabari fanno tantissima strada per raggiungere le zone di pascolo (dopo questo gruppetto ne è arrivato un altro con un gregge di capre - in autostrada!), quindi non mi meraviglia che tu li abbia visti in Rajasthan.

@ciao cara Nela, e grazie, grazie, per quello che mi dici. Ognuna di noi cerca di raccontare meglio che può quello che ama.
bacioni!

Alessandro ha detto...

Queste foto sono meravigliose, e la storia che raccontano (e che tu racconti) accende la fantasia. Davvero il tuo blog sta diventando una serie di porte aperte su altri mondi, senza mai dimenticare questo...

Elisa Chiodarelli ha detto...

come sempre sei molto gentile Prof, e ti ringrazio moltissimo! a breve arriva l'altra metà del post. Ma è davvero strano vedere queste persone spostarsi con i cammelli mentre attorno il mondo corre veloce.
ciao!

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