domenica 10 febbraio 2013

Pink City 2

Johari Bazar
La storia delle città del Rajasthan, grandi e piccole, assomiglia un po' alla storia rinascimentale delle nostre città. Al pari dei Medici, degli Estensi o dei Gonzaga le stirpi rajput, suddivise in clan di discendenza solare (Suryavamsha), lunare (Chandravamsha) e quelle discendenti da Agni (il Fuoco, Agnivamsha), avevano creato all'incirca nello stesso periodo storico, un preciso sistema di governo, una struttura politica e sociale e una rete di alleanze grazie ai matrimoni.
Quando i sovrani erano in grado di calcolare bene gli equilibri di potere nei confronti dei re confinanti e dell'imperatore Moghul di Delhi - che, molto più forte militarmente, li teneva in pugno - avevano modo di garantire al loro regno lunghi periodi di pace e sviluppo.

City Palace
 Nel caso del Kachwaha di Jaipur, accadde che nella prima metà del 1700 il sovrano in carica, Sawai Jai Singh II, fu abbastanza lungimirante da stabilire alleanze con i re confinanti di Mewar e Marwar (sposandone le principesse), ma soprattutto riuscì, pur con mille difficoltà, a garantirsi la pace con i Moghul - Aurangzeb prima, e poi Bahadur Shah - evitando lo scontro diretto.
Bisogna dire che, leggendo le notizie sul suo regno, durato 43 anni (dal 1699 al 1743), ci si stupisce per quanto in realtà abbia combattuto, negoziato, marciato, tramato e rischiato.
Ciononostante, ebbe il tempo di fare di Jaipur, la nuova capitale dopo Amber costruita sulle colline alle sue spalle nell'anno mille, una città moderna.

Il 27 novembre 1727 venne posata la prima pietra di quella che doveva diventare la nuova capitale Kachawaha; Jai Singh la progettò personalmente, assistito dall'architetto di corte Vidyadhar Bhattchacrya.
Il re infatti, oltre ad essere un abile uomo politico era anche uno studioso di arte, architettura, astronomia.
La città venne dunque progettata in base agli antichi trattati (Vastu Shastra) che consideravano la fondazione e la costruzione di un nuovo edificio (o di una città) come lo sviluppo in pianta di un diagramma mistico-rituale.
Questo diagramma, di regola quadrato, era suddiviso in un certo numero di celle - o quartieri, nel caso della città - e si disponeva sugli assi nord-sud ed est-ovest.
Jaipur in particolare poi beneficiò degli studi astronomici del re, che esperto di questa materia, decise di far costruire anche un osservatorio astronomico, il Jantar Mantar, perché potesse essere utilizzato per studiare il cielo e risolvere alcuni problemi in terra.
Ancora oggi Jaipur è circondata da un muro di cinta, in cui si aprono otto porte, rivolte a est (Suraj Pol, la porta del sole), a ovest (Chand Pol, la porta della luna) e altre sei disposte in base ai punti cardinali e intermedi.
Questa disposizione ordinata dà alla città un aspetto più leggibile - almeno dal nostro punto di vista - e anche un che di familiare. Del resto è una delle poche città con i portici lungo alcune delle arterie principali, come ChandPol o Johari Bazar, che la fa assomigliare, con il rosa carico dei suoi edifici, un po' a Bologna!

particolare di uno degli strumenti di misurazione astronomica del Jantar Mantar
Hawa Mahal, il Palazzo dei Venti

4 commenti:

blandina ha detto...

Che splendore, la luce, i colori, i palazzi, i piccioni...grazie per queste bellissime immagini

Elisa Chiodarelli ha detto...

grazie a te, cara Blandina!
sai come ti invidio... adesso che sarai tu a vedere tutto questo dal vivo!!!
^-^

Nela San ha detto...

Questo Palazzo dei Venti, ricorda l'abile tessitura, la pazienza di una ricamatrice, le equazioni per la riuscita di un perfetto merletto al tombolo. Bellissimo! Oltre alle foto, anche questa narrazione della storia di questi luoghi è sapiente ricamo.

Elisa Chiodarelli ha detto...

Oh, è vero cara Nela, i palazzi sono merletti squisiti! riempiono gli occhi di bellezza...
grazie di essere passata di qua, un bacione grande!

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