Samhita Arni cominciò a leggere il Mahabharata quando aveva quattro anni. Figlia di un funzionario statale sempre in viaggio con la famiglia, si divertiva a sfogliare i libri presi in prestito dalla biblioteca consolare per riempire le sue giornate altrimenti un po’ noiose.
Qualche anno dopo accettò il suggerimento della madre di riscrivere una delle due grandi epopee indiane.
Senza esitare Samhita optò per il Mahabharata, visto che il Ramayana se la prende a morte con Sita (la protagonista), un atteggiamento che non le andava a genio, e inoltre il primo le piaceva di più, “perché è così cattivo”. Samhita dunque iniziò la dettatura della sua personale versione del poema alla nonna, attingendo a fonti diverse, tutte citate nell'introduzione scritta dalla bambina stessa.
Ma Samhita volle anche aggiungere la sua personale visione dei personaggi protagonisti della storia: lei stessa ci racconta che nel corso della ricostruzione degli episodi, le capitava di mettersi a disegnare con la biro le scene ancor prima di descriverle alla nonna. Ciò che ne risulta è una serie di tavole illustrate con grande forza immaginativa che danno un carattere vivido e ben definito a ciascuno dei personaggi coinvolti.
La stessa bambina racconta che una delle fonti principali per la realizzazione dei disegni fu il Mahabharata di Peter Brook, versione teatrale (e poi filmica) del grande poema realizzata per le sale cinematografiche nel 1989 (ricordo che anche io e i miei compagni di università andammo a vedere il film in inglese, con sottotitoli in una lingua ugrofinnica mai ben precisata, in una sala cinematografica di Bologna, in due serate perché il film era troppo lungo!).
Comunque, Samhita compose una prima raccolta di episodi che vanno a formare il primo libro e, in un secondo tempo, una seconda raccolta per il secondo volume (beh, non dimentichiamo che il poema originale consiste di ben 110.000 versi).
Questa speciale versione del Mahabharata dunque costituisce una sorta di distillato dell’epopea, dove Samhita ha posto l’accento in particolare sulla descrizione dei personaggi, analizzati attraverso le loro azioni, mosse da emozioni profonde e non prive di contraddizioni e ambiguità.
Lei stessa ammette di preferire i 100 cugini Kaurava (i ‘cattivi’) ai Pandava, e tra i primi, il personaggio di Duryodhana, forse perché, come scrive Samhita: “il Mahabharata secondo me non è un libro che parla di ideali. La sua morale è che nessuno è perfetto, e che da ultimo nulla ha valore”.
“Ciò che qui c’è lo si può trovare anche altrove, ma ciò che qui non si trova, non esiste in nessun luogo” Mhb, I, 56,33
Se volete, il Mahabharata raccontato da una bambina di Samhita Arni è edito da Adelphi, 2002, nella collana I cavoli a merenda.
4 commenti:
Bello, mi toccherà prenderlo.
Mi piace ricordare che nel film (e credo anche nella versione teatrale antecedente), recitava nel ruolo di Arjuna, il grande Vittorio Mezzogiorno, prematuramente scomparso pochi anni dopo.
ciao Carlo
si nel Mahabharata recitava proprio Vittorio Mezzogiorno, ma c'erano anche tanti altri attori bravissimi, ciascuno con il proprio inglese di diversa inflessione.
Mi ricordo che ci siamo divertiti un sacco a vedere il film al cinema, così suddiviso in due serate... anche quella è stata un'impresa epica!
Io l'ho visto recentemente sul computer, ma in ben più di due sessioni. E' lunghissimo!
Comunque bellissimo questo libro! Dovrò proprio dare un'occhiata alla collana I Cavoli a Merenda...
ciao Stefania,
allora anche tu lo hai visto il film! io poi mi ero perfino comprata la colonna sonora in Cd!
Si, Adelphi ha pubblicato libri molto belli in questa collana, quelli indiani vengono poi sempre dalla Tara Books, che come dicevo, sta facendo un lavoro eccellente; l'anno scorso un suo libro (di cui parlerò prossimamente) è stato premiato come migliore pubblicazione alla fiera del Libro per Ragazzi di Bologna.
ciao, a presto!
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